Una ricostruzione dei fatti talmente lineare e incontrovertibile da non aver bisogno di alcuna documentazione a supporto. L’audizione di stamane della presidente del Consiglio Giorgia Meloni davanti al Giuri d’onore è ovviamente secretata, ma secondo quanto trapela da fonti parlamentari la premier avrebbe ribadito quanto affermato il 12 e il 13 dicembre scorso nelle aule di Camera e Senato, e cioè che la firma sulla riforma del Mes era stata apposta quando il governo Conte II era già caduto, e che quindi, all’epoca, non c’era una maggioranza parlamentare favorevole all’approvazione dell’accordo internazionale. Tutto scritto nei resoconti dei lavori parlamentari e dunque, spiegano le fonti, non c’è stato alcun bisogno che la premier consegnasse documenti aggiuntivi per supportare le proprie posizioni.
Il caso davanti al Giurì d’onore era stato sollevato dal leader M5s, Giuseppe Conte, che accusa la premier Giorgia Meloni di aver mentito sulle decisioni assunte dall’esecutivo Conte II sul Meccanismo europeo di stabilità. Secondo le fonti parlamentari la premier avrebbe esordito davanti al Giurì d’onore ribadendo che non c’è mai stata una maggioranza parlamentare a favore della riforma del Mes e che di conseguenza non si può sostenere che ci fosse un chiaro mandato parlamentare affinché il governo lo sottoscrivesse. La risoluzione a cui fa riferimento Conte del 9 dicembre 2020 – avrebbe spiegato la premier – era generica e lo stesso Conte, negli interventi parlamentari in piena crisi di governo, specificava che non c’era una maggioranza a favore della firma.
Inoltre, avrebbe proseguito Meloni, l’indicazione dell’allora ministro degli Esteri Di Maio alla Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Ue a firmare la riforma del Mes risale al 20 gennaio 2021, data successiva all’apertura della crisi di governo, avviata il 13 gennaio 2021 con le dimissioni dei rappresentanti di Italia Viva dalla compagine di governo. Il governo Conte 2 si era poi dimesso il 26 gennaio 2021. Il giorno dopo, il 27 gennaio, con il governo dimissionario, in carica solo per gli affari correnti, l’allora Rappresentante permanente d’Italia presso l’Ue, l’ambasciatore Maurizio Massari, seguiva le istruzioni ricevute il 20 gennaio e apponeva comunque la firma all’accordo che modifica il trattato istitutivo del Mes. Passaggi – avrebbe sottolineato Meloni davanti al Giurì d’onore – che hanno messo in imbarazzo l’Italia in quanto è stato firmato un accordo internazionale sul quale, non c’era all’epoca e non c’è attualmente, una maggioranza parlamentare favorevole.