Politica

Migranti, eurodeputati Fdi e Lega al voto contro i propri gruppi

A Strasburgo i capi delegazione di Fdi, Fi e Lega hanno annunciato che gli eurodeputati italiani dei partiti della maggioranza di governo voteranno, domani in plenaria, a favore del mandato negoziale del Parlamento europeo sul pacchetto di proposte Ue del “Patto” su immigrazione e asilo. A prima vista non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che a chiedere di bocciare il mandato negoziale, stamattina, sono stati proprio i gruppi politici di appartenenza di due delle tre delegazioni italiane, l’Ecr, in cui siedono gli eurodeputati di Fdi e il gruppo Id in cui militano i leghisti.

Nel comunicato dei tre capi delegazione italiani Carlo Fidanza (FdI-Ecr), Marco Campomenosi (Lega-ID) e Fulvio Martusciello (FI-Ppe) si osserva che il mandato negoziale, basato sui testi approvati dalla commissione europarlamentare competente (la commissione “Libe”, su Libertà civili, Giustizia e Affari interni) è “ancora fortemente insufficiente a rispondere alla sfida che l’immigrazione incontrollata pone di fronte all’intera Europa”. E, si aggiunge, “anche il superamento del Regolamento di Dublino, per quanto riguarda l’Italia non dà garanzie adeguate su un effettivo cambio di rotta rispetto allo status quo”. Tuttavia, affermano i tre capi delegazione, “siamo fiduciosi che l’avvio del negoziato con il Consiglio Ue consentirà al nostro governo di far valere con maggior forza la posizione italiana”. Secondo il regolamento del Parlamento europeo, i mandati negoziali per avviare i “triloghi” (le trattative con il Consiglio Ue e la Commissione sulla legislazione Ue) possono essere approvati direttamente dalle commissioni parlamentari competenti, se non vi sono obiezioni da parte di almeno 71 eurodeputati (1/10 del totale). Questo è esattamente quello che è avvenuto stamattina, quando i gruppi Ecr e Id hanno contestato i mandati della commissione Libe, che saranno rimandati quindi al voto della plenaria domani.

I testi approvati dalla commissione Libe riguardano in particolare la legislazione sulla gestione dell’asilo e dell’immigrazione, le situazioni di crisi (quando ci sono forti aumenti dei flussi migratori) e di forza maggiore, lo “screening” per l’accertamento dell’identità nei confronti di cittadini di paesi terzi alle frontiere esterne, e lo status dei cittadini extracomunitari che sono soggiornanti di lungo periodo nell’Ue. Va notato che il mandato negoziale della commissione Libe, che con tutta probabilità dopo il voto di domani diventerà la posizione dell’intero Parlamento europeo, prevede un meccanismo di solidarietà nei confronti dei paesi in prima linea sulle rotte migratorie, che obbliga gli Stati membri a scegliere tra due possibilità: accettare i ricollocamenti dei migranti o contribuire finanziariamente e operativamente (per esempio organizzando i rimpatri) ad aiutare i paesi più esposti. E soprattutto, nei casi di crisi con forti afflussi di migranti, è prevista una dichiarazione dello stato di emergenza da parte della Commissione, con l’attivazione di un meccanismo di ricollocamenti obbligatori.

Queste sono esattamente le misure che rischiano di incontrare una forte opposizione in Consiglio Ue da parte di alcuni paesi dell’Europa centro orientale; e che stanno già spaccando l’unità dei due gruppi Ecr e Id, dove l’interesse da parte dell’Italia e degli altri paesi mediterranei all’obbligo di solidarietà da parte degli altri Stati membri va in rotta di collisione con le tradizionali posizioni radicali dei partiti di destra nei paesi dell’Est e del Nord, che esigono un’applicazione rigida del Regolamento di Dublino contro i “movimenti secondari” dei migranti, ma non vogliono sentir parlare in nessun caso di ricollocamenti obbligatori. Questa è la ragione, d’altra parte, per cui il governo Meloni fin dall’inizio del suo mandato ha sempre evitato il più possibile di parlare di ricollocamenti, puntando tutto invece sulle battaglie assolutamente necessarie, ma soprattutto non controverse all’interno della destra europea, contro i trafficanti, sulla “dimensione esterna”, sui corridoi umanitari.  

La nota dei tre capi delegazione italiani fa ora ben sperare in un ruolo positivo del governo Meloni a favore del Patto Ue sull’immigrazione e asilo durante i negoziati del “trilogo”; al contrario di quanto avvenne nel biennio 2016-2018, quando il governo Conte 1, con Matteo Salvini ministro dell’Interno, fu totalmente assente dai negoziati in Consiglio Ue su un precedente tentativo di riforma del quadro legislativo sull’immigrazione e asilo e del regolamento di Dublino, fallito nonostante l’appoggio di una forte maggioranza dell’Europarlamento. Sempre oggi a Strasburgo è successa poi un’altra cosa che ha confermato ancora una volta come il centrodestra (Ppe più Ecr e magari l’appoggio del gruppo Id) non disponga, in questa legislatura, di una maggioranza in seno al Parlamento europeo, e in particolare proprio sul tema dell’immigrazione. La plenaria doveva votare una risoluzione di iniziativa, non vincolante, che avrebbe espresso le priorità del Parlamento europeo per il bilancio annuale Ue del 2024, prima della presentazione del progetto finanziario da parte della Commissione europea e dell’inizio della procedura comunitaria di bilancio.

Il Ppe e l’Ecr (anche in prospettiva di una futura alleanza fra i due gruppi, caldeggiata dall’attuale presidente del Ppe Manfred Weber) hanno cercato di utilizzare questa occasione per capovolgere una tradizionale posizione politica dell’Ue, che è quella di non finanziare la costruzione di muri e barriere in funziona anti migranti alle frontiere esterne dell’Unione. Si è votato prima l’emendamento 19 dell’Ecr, che parlava esplicitamente del finanziamento Ue dei muri alle frontiere: bocciato con 329 voti contro 279 e 26 astenuti. E’ stata poi la volta dell’emendamento 29 del Ppe, che non menzionava esplicitamente i muri ma lo faceva implicitamente, invitando la Commissione “a mobilitare immediatamente ingenti fondi Ue e risorse a sostegno degli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere”. Questo emendamento è passato con 322 voti contro 290 e 20 astensioni. A questo punto, però, il centro sinistra ha preso le sue contromisure, ed è crollata la maggioranza che si supponeva avrebbe approvato l’intero testo della risoluzione sulle priorità di bilancio per il 2024, che infatti è stato bocciato dall’Aula con 321 voti contro 210 e 105 astensioni.  

A causa di questa bocciatura, la Commissione europea presenterà ora il suo progetto di bilancio per il 2024 senza poter prendere in considerazione le priorità del Parlamento, che non sono state espresse. Ma soprattutto, il messaggio è forte e chiaro per il governo italiano: l’Assemblea di Strasburgo è fortemente a favore di un Patto Ue sull’immigrazione che metta finalmente in campo delle soluzioni europee basate sulla solidarietà tra gli Stati membri, come i cinque paesi del Mediterraneo (chiamati “Med 5”) chiedono da anni. Opporsi a questa soluzione per evitare rotture con gli alleati di destra in Europa o per seguire la retorica anti immigrazione, invece di appoggiarla e magari cercare di migliorarla, non farebbe gli interessi dell’Italia. Per capire se il governo italiano ha colto il messaggio, bisognerà aspettare il voto di domani a Strasburgo, ma soprattutto il comportamento dell’Italia nei “triloghi” sul Patto Ue sull’immigrazione, che dovrebbero iniziare a giugno, con la speranza che si concludano entro la fine dell’anno. Magari con un voto su tutto il pacchetto a maggioranza qualificata, come prevede il Trattato Ue. 

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