E’ ripartita nel Consiglio Affari interni, a Bruxelles, la discussione fra i ministri dell’Ue sugli aspetti più controversi del Patto sull’immigrazione e l’asilo, bloccati da più di un anno, con la prospettiva di affrontarli durante le presidenza di turno francese del Consiglio Ue, nel prossimo semestre. E si ricomincia a parlare di redistribuzione (“relocation”) fra gli altri Stati membri dei migranti irregolari e dei richiedenti asilo, senza lasciare l’onere della loro gestione esclusivamente sulle spalle del paese di primo arrivo, come prescrive il Regolamento di Dublino attualmente in vigore. A spese degli Stati membri del Sud Europa affacciati sul Mediterraneo. Dopo la presentazione della proposta del Patto da parte della Commissione, nel settembre 2020, la discussione era rimasta bloccata su questo punto, e circoscritta alla sola “dimensione esterna”, più consensuale. A risollevare il tema è stato oggi il ministro dell’Interno di Parigi Gérald Darmanin, nella sua presentazione delle priorità del semestre di presidenza francese del Consiglio Ue, in cui ha sottolineato che i paesi membri devono rispettare ugualmente il principio di responsabilità e quello di solidarietà.
Lo ha riferito, durante il suo incontro con la stampa a margine del Consiglio, Luciana Lamorgese, ministro italiano dell’Interno, indicando che l’Italia punta a un sistema di “relocation” volontario dei migranti, dal paese di primo approdo verso gli altri Stati membri che saranno disponibili ad accoglierne una quota, ma con “penalizzazioni” per quelli (in particolare alcuni paesi dell’Est) che invece non vorranno partecipare allo sforzo di solidarietà. Durante la conferenza stampa al termine del Consiglio, la commissaria Ue agli Affari interni, Ylva Johansson, ha confermato che questa è, più o meno, la proposta che aveva fatto e che intende ora sostenere la Commissione: “Avevamo prospettato una condivisione degli oneri con un meccanismo di solidarietà obbligatoria. Non è obbligatoria – ha puntualizzato – la ‘relocation’ dei migranti, ma c’è un obbligo di solidarietà” da parte degli Stati membri. Io – ha aggiunto – sono molto a favore di questo”. In sostanza, questo significa che i paesi che non vorranno partecipare alla redistribuzione dei migranti irregolari dovranno contribuire finanziariamente a far funzionare il sistema.
Johansson ha anche passato rapidamente in rassegna la situazione dell’immigrazione irregolare oggi nell’Ue: in quest’area, ha detto “quasi tutti gli Stati membri stanno fronteggiando delle sfide. Per fortuna siamo in fase di ‘de-escalation’ alla frontiera esterna della Bielorussia con Polonia, Lettonia e Lituania, dove si è arrestato il flusso di arrivi e stanno andando avanti i rimpatri. Ma ci sono – ha rilevato – molti arrivi irregolari in Italia e Cipro, e sappiamo che ci sono problemi anche nelle Canarie, a Malta e in Grecia”. Allo stesso tempo, ha indicato la commissaria, “ci sono molti ‘movimenti secondari'”, ovvero passaggi alle frontiere interne di migranti che avrebbero dovute restare nel paese di primo arrivo, “in Austria, Belgio, Olanda e anche Francia e Germania; E poi sappiamo tutti della tragedia con 26 morti nella Manica” fra i migranti che cercavano di raggiungere il Regno Unito dalla Francia. Johansson ha poi annunciato che “15 Stati membri hanno promesso di dare protezione a 40.000 afghani, oltre agli impegni per il reinsediamento a livello globale. E questo – ha detto – è un atto straordinario di solidarietà: essere pronti ad accogliere altri 40.000 afghani per reinsediamento, ammissione umanitaria o tramite evacuazione”. Infine, il Consiglio ha dato il suo via libera, all’unanimità, all’ingressio nello spazio di libera circolazione di Schengen della Croazia, ultimo paese entrato nell’Ue.