Milano, il lupo solitario dell’Isis condannato a 4 anni

Per il marocchino Benchorfi il pm aveva chiesto 8 anni. L’uomo sarà espulso

Nadir Benchorfi

Condannato a 4 anni di carcere, la metà della pena a 8 anni chiesta per lui dalla pm Enrico Pavone. Si è chiuso così il processo milanese a carico di Nadir Benchorfi, il marocchino di 30 anni arrestato a Milano a dicembre scorso per presunti legami con lo Stato Islamico. La Corte d’Assise di Milano ha assolto il presunto “lupo solitario” dell’Isis da uno dei tre capi di imputazione, concedendogli le attenuanti generiche (anche in questo caso respingendo la richiesta dell’accusa) per l’atteggiamento collaborativo mantenuto in fase di indagini. “Benchorfi si è autoaccusato – ha spiegato il suo difensore, l’avvocato Francesco Laganà – e senza le sue dichiarazioni questo processo non si sarebbe mai celebrato”. L’uomo, che sarà espulso dal territorio italiano una volta espiata la sua pena, era un ex dipendente di un centro commerciale di Arese, paese alle porte di Milano. Secondo quanto accertato dagli inquirenti dell’antiterrorismo, attraverso Telegram e altre chat on line avrebbe intrattenuto rapporti con un certo Meslana, uomo che secondo l’accusa si troverebbe in Siria ed apparterrebbe allo Stato Islamico.[irp]

Nelle conversazioni intercettate durante le indagini, Benchorfi avrebbe anche manifestato l’intenzione di compiere un attentato in Italia facendosi esplodere nel centro commerciale dove lavorava. E’ anche accusato di aver contribuito economicamente alla causa dello Stato Islamico inviando denaro nelle zone del Califfato. Condotte che hanno portato il collegio di giudici presieduto da Giovanna Ichino a ritenerlo colpevole di terrorismo internazionale e a condannarlo a 4 anni. Prima di arrivare in Italia, l’uomo viveva in Germania dove sarebbe entrato in contatto con alcuni foreign fighter andati in Siria tra il 2012 e il 2014. Ma è stato assolto da questa imputazione perché, come ha spiegato il suo difensore, “l’autorità giudiziaria italiana non è competente a giudicare condotte commesse in Germania”. Il marocchino ha seguito la lettura della sentenza in videoconferenza dal carcere di Sassari, dove è detenuto. “Forse l’Italia non è il mio Paese – si è confidato con il suo legale subito dopo il verdetto – forse avrei potuto scegliere il rito abbreviato così sarei rientrato prima in Marocco”. “Gli ho detto che noi crediamo nella giustizia italiana, e lui mi ha ringraziato”, ha fatto sapere l’avvocato Laganà. Che ha sottolineato: “Valuteremo se fare appello”. Bisognerà prima aspettare le motivazioni della sentenza previste entro 90 giorni da oggi.[irp]