C’è un grande buco nero nelle informazioni sulla diffusione del nuovo coronavirus in Asia. Si chiama Corea del Nord. Per quanto il paese guidato col pugno di ferro da Kim Jong Un dichiari zero contagi, la mancanza quasi totale di notizie dal paese lascia importanti margini di dubbio. Sappiamo però che il Presidium supremo dell’Assemblea nazionale del popolo ha deciso contro l’epidemia Covid-2019 di allungare i periodi di quarantena a un mese. “La diffusione dell’epidemia è diventata un serio problema con la possibilità di un disastro internazionale. A questo riguardo, il Comitato centrale non permanente di guida alla salute pubblica della Repubblica democratica popolare di Corea (DPRK) ha discusso la questione di prolungare il periodo di isolamento e di applicarlo in maniera stretta, in maniera da tagliare le vie d’accesso di Covid-2019 e assicurare la vita delle persone e la sicurezza dello stato, e ha sottoposto la proposta al Presidium dell’Assemblea nazionale del popolo”, scrive il quotidiano ufficiale del Partito.
“Il presidium dell’Assemblea suprema del Popolo della DPRK – continua il giornale – ha esaminato, approvato e varato la proposta del Comitato centrale non permanente di guida alla salute pubblica della Repubblica democratica popolare di Corea in base alla legge per la prevenzione delle epidemie”. La decisione di prolungare a un mese il periodo di quarantena viene dopo che uno studio cinese ha ipotizzato che il periodo d’incubazione del nuovo coronavirus sia non di due settimane, ma di 24 giorni. “Tutte le istituzioni dello stato e gli stranieri che sono nella DPRK dovranno obbedire incondizionatamente”, ha scritto ancora il Rodong sinmun. Non è chiaro, dal dispaccio, a chi sia diretto l’ordine di quarantena, ma in epidemie passate – come la SARS ed Ebola – la Corea del Nord mise in quarantena tutti coloro che entravano nel Paese. D’altronde è assai presumibile, tuttavia, che la situazione in Corea del Nord sia peggiore di come Pyongyang vuole rappresentare. Ci sono segnali che lo fanno pensare.
Per esempio, lo scorso 8 febbraio ricorreva il 72mo anniversario della fondazione dell’Esercito del popolo, occasione solitamente celebrata con una grande parata, alla presenza del leader. Quest’anno l’agenzia di stampa ufficiale KCNA non ne ha dato notizia, cioè sostanzialmente la parata non c’è stata. E, in un commento, il Rodong sinmun ha parlato di “gravi difficoltà” per le forze armate, senza precisare quali e senza attaccare per queste i nemici di sempre. La Corea del Nord ha di fatto tagliato i collegamenti con la Cina, epicentro dell’epidemia. Ma i confini non sono così sigillati come si possa pensare. E la Cora del Nord ha un problema importante con la fornitura di farmaci e altri presidi medico-sanitari, a causa delle sanzioni per il suo programma nucleare.
Due giorni fa il premier Kim Jae Ryong ha effettuato una visita a una struttura sanitaria per le malattie infettive, nella quale ha chiesto la massima “responsabilità” nella gestione della risposta all’epidemia. In quell’occasione ha indossato la mascherina, uno strumento di protezione di cui Pyongyang sta cercando di incrementare la produzione. Un altro segnale sono le notizie che filtrano dalla Corea del Nord. Giorni fa il sito indipendente – che opera dall’estero – Daily NK parlò di almeno cinque morti a Sinuiju, la città nordcoreana che si trova proprio al confine con la Cina ed è divisa dalla città cinese di Dandong da un ponte, attraverso il quale passa la gran parte del traffico con la Repubblica popolare. Due giorni fa, poi, sempre Daily NK ha scritto – citando una fonte di alto livello a Pyongyang – che un’altra donna è deceduta per l’infezione da coronavirus. askanews