È il progetto di Pierre Bergé, scomparso poco prima che fosse realizzato: il museo di Yves Saint Laurent apre a Parigi e offre un’immersione nell’intimità della maison francese e del processo creativo del leggendario stilista. La direttrice della collezione della Fondazione Pierre Bergé-Yves Saint Laurent, Aurélie Samuel: “Dando la possibilità alle donne di vestirsi come un uomo, femminilizzando tuttavia gli indumenti, ha dato loro la possibilità di integrarsi nella società e di emanciparsi”. “Penso che Saint Laurent abbia contribuito a creare dei legami tra l’arte, la storia dell’arte e la moda, in particolare creando questo incredibile abito Mondrian nel 1965, nel quale arriva a trasferire un disegno in 2D in un pezzo in 3D, significa mettere in movimento un quadro”. “L’Asia, l’Africa, la Russia, la Spagna, aveva a cuore di restituire davvero queste culture attraverso i suoi abiti, che fossero dei motivi che riprendeva, degli elementi, l’atmosfera di una cultura o la tecnica di una cultura e lo faceva in maniera estremamente sottile e intelligente. Questo è il motivo per cui non si tratta della semplice copia degli abiti di quei paesi, ma una reinterpretazione di questi abiti affinché i francesi potessero indossarli”.
Il marito, oggi vedovo, di Pierre Bergé, ex compagno di una vita dello stilista e co-fondatore del marchio Ysl, Madison Cox, aggiunge: “Penso che abbia giocato un ruolo molto importante nel cambiare il modo di vedere della società sul ruolo delle donne, sui diritti degli omosessuali e anche nel mondo della moda, era molto rivoluzionario”.
“Laddove il giardino rappresentava un’influenza nei suoi disegni, quello era davvero il giardino di Marrakesh. Credo che sia stato a Marrakesh, dove si era stabilito, che scoprì il colore, l’importanza e il potere del colore e le associazioni di colori. Questo è il motivo per cui c’è sempre stata una forte relazione tra il lavoro di Ysl, Marrakesh e il Marocco”, conclude.