“Mi si chiede perché non mi dimetto? Rispondo con enorme franchezza: anche se non me lo impone il nostro codice etico, che io stesso ho voluto particolarmente restrittivo, lo avrei fatto se non fossi convinto che ‘togliendo il disturbo’ farei un enorme favore alle mafie e ai colletti bianchi collusi e conniventi, finendo con l’abbandonare tutti quegli imprenditori che hanno lottato con me per rendere la Sicilia una terra ‘normale’ e i colleghi che ho sostenuto e indirizzato verso le istituzioni”. È un passaggio del lungo intervento che Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia indagato sulla base di dichiarazioni di collaboratori di giustizia, affida alle colonne del Corriere della Sera. “In questo anno è stato detto di tutto”, spiega, “sono stato descritto come un personaggio discutibile (e da chi? E perché?), utilizzando strumentalmente la notizia di una indagine a mio carico per concorso esterno a favore di quegli stessi personaggi mafiosi che ho contribuito a colpire duramente sia sotto il profilo della libertà personale che dell’illecito arricchimento. Personaggi, quindi, dai quali è possibile aspettarsi ogni forma di reazione calunniosa, come insegna la storia”. “Posso garantire, intanto, che, assieme alle altre associazioni, individueremo ulteriori anticorpi per evitare che, in malafede, venga utilizzata la denuncia contro i mafiosi per coprire ulteriori illeciti affari. Non avrei potuto prevedere tutto questo, anche se già dal 2011 era risaputo esserci una strategia, con dossier prefabbricati, per colpire Confindustria Sicilia e i suoi vertici, perché più volte denunciato da varie articolazioni delle istituzioni e dalla stessa Autorità giudiziaria”.