Omicidio Moro, effettuati nuovi test. Mercoledi’ Ris in Commissione

Omicidio Moro, effettuati nuovi test. Mercoledi’ Ris in Commissione
7 maggio 2017

Probabilmente il Ris portera’ mercoledi’ prossimo in Commissione parlamentare i risultati dei test effettuati il 3 maggio a via Montalcini, con prove acustiche e logistiche sull’omicidio di Aldo Moro. “Tra qualche giorno, il 9 maggio – afferma il Presidente della Commissione Giuseppe Fioroni – piangeremo ancora una volta, dopo trentanove anni, il presidente della Dc. E’ passato molto tempo, troppo forse per molte ricerche, ma non abbastanza da impedirci di affermare con forza che il tentativo di chiudere la ‘partita’ fatto da Br e pezzi dello Stato e’ fallito. La verita’ ufficiale del caso Moro, quella raccontata fondamentalmente da Valerio Morucci e Mario Moretti, in molti punti cruciali – percorso delle auto, fuga da via Fani, dinamica della morte, contatti esterni alla prigione del popolo – non basta a spiegare i fatti”. Mercoledì scorso sono stati effettuati nuovi accertamenti condotti, con tecniche innovative, dai carabinieri del Racis (Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche) e hanno messo in luce evidenti, eccessive, discrepanze.

“Molti dubbi e molte perplessità sulla modalità dell’uccisione di Moro, per quanto riguarda il racconto che hanno dato i terroristi Moretti e Maccari”, riprende Fioroni che ha dato incarico, appunto, al Racis di verificare, attraverso sopralluoghi, test e misurazioni, la compatibilità dei luoghi del sequestro rispetto a quanto raccontato dai brigatisti. E’ stato analizzato il garage in cui, la mattina del 9 maggio del 1978, i brigatisti uccisero il presidente della Dc, dopo 55 giorni di prigionia. E le cose proprio non tornano. Due, in particolare, le questioni sul tappeto. La prima riguarda gli spazi interni del garage di via Montalcini 10, dove venne parcheggiata la Renaut 4 in cui, poi, ucciso Moro e dove, questa mattina, una R4, identica a quella ritrovata poi in via Caetani, è stata parcheggiata dai carabinieri del Ris. L’altra questione che non coincide riguarda le modalità degli spari, e il rumore dei colpi, che, questa mattina, sono stati ripetuti dai carabinieri del Ris con armi analoghe, la mitraglietta Skorpion e la pistola semiautomatica Walther Ppk. Quegli spari, per come avvennero, secondo il racconto dei brigatisti, avrebbero esposto gli assassini di Moro al rischio “di poter essere visti o ascoltati”. La collaborazione con i carabinieri del Ris, dice Fioroni, “ha verificato una serie di corrispondenze tra i racconti fatti” dai terroristi “e quelli dei testimoni”.

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Sui test del Ris il deputato Gero Grassi ha gia’ anticipato: “Il sopralluogo e’ stato di grande impatto emotivo, anche perche’ le prove sono state realizzate portando dentro il box una R4 identica a quella usata nel ’78 dai brigatisti. La prima forte sensazione che si ha arrivando in via Montalcini e’ che la presunta ‘prigione del popolo’, le Br sostengono che in quel palazzo all’interno 1 e’ stato tenuto Moro per 55 giorni, sarebbe stata collocata in un luogo assai esposto e pieno di insidie: l’appartamento affaccia sulla strada, contiguo quasi con l’esterno e alle finestre si arriva da una grande veranda. Quanto al box dove sarebbe stata parcheggiata l’auto – osserva sempre Grassi – non si chiude la saracinesca perche’ l’auto non entra interamente se ha il cofano aperto. Quindi tutte le operazioni sarebbero state fatte con la porta basculante aperta. Poi non c’e’ abbastanza spazio per far entrare nell’abitacolo una cesta, mentre le Br sostengono che cosi’ hanno portato il presidente Moro all’interno del bagagliaio dove poi e’ stato ritrovato”. Il parlamentare osserva anche che “gli spazi ristretti impongono allo sparatore di essere a dieci centimetri dal volto di Moro. Infine, i colpi sparati dagli uomini del RIS, a noi – era presente anche il presidente della Commissione, Beppe Fioroni – che eravamo senza protezione acustica hanno dato l’impressione che scoppiasse una bomba. Possibile che nessuno degli abitanti del palazzo senti’ rumore, quella mattina del 9 maggio?”. In attesa dei risultati della perizia “gia’ un primo sguardo non tecnico – annota Grassi – consente di dire che le cose non possono essere andate come ci hanno raccontato”.

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