Mosul accende lo scontro tra sciiti Iraq e sunniti Turchia. Erdogan s’appella all’Onu

Mosul accende lo scontro tra sciiti Iraq e sunniti Turchia. Erdogan s’appella all’Onu
7 ottobre 2016

“Dopo che Mosul sarà stata liberata dall’Isis (Stato Islamico), solo arabi sunniti, turcomanni e curdi sunniti dovranno rimanervi”. Sono queste le parole pronunciate lunedì scorso dal presidente turco, il sunnita Recep Tayyip Erdogan, che hanno scatenato l’ira del governo sciita di Baghdad arrivato a chiedere, ieri, una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Una crisi, quella provocata dalla presenza di un contingente militare turco nei pressi di Mosul, ultima roccaforte dello Stato Islamico, scoppiata sullo sfondo dell’eterna contesa tra le due confessioni principali dell’Islam: da una parte i sunniti con Turchia e Arabia Saudita come capofila e dall’altra gli sciiti, rappresentati in primo luogo dall’Iran. Un quadro su cui si concentrano i media arabi, che avvalorano l’esistenza di un reale rischio che si arrivi a “una guerra regionale”, come ha avvertito due giorni fa il premier iracheno Haider Abadi. L’anno scorso il governo di Ankara ha inviato un modesto contingente del suo esercito a Bashiqa, località abitata da curdi e turcomanni iracheni a Nord-Est di Mosul. Come scrive oggi il quotidiano panarabo al Quds al Arabi, è noto che la Turchia di Erdogan vuole avere un ruolo nell’ormai imminente offensiva per la liberazione di Mosul, così come il suo costante interesse nelle vicende siriane sia soprattutto mirato a contenere le ambizioni autonomistiche delle forze curde ritenute naturale estensione del PKK, il Partito dei Lavoartori del Kurdistan messo fuori legge in Turchia. A ribadire la determinazione di Ankara ci ha pensato oggi il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu che ha detto: “la partecipazione di milizie sciite alla battaglia di Mosul non contribuisce a realizzare la pace”. Diametralmente opposta l’opinione delle autorità irachene, che hanno reagito con decisione alle mosse di Ankara. Dopo aver chiesto una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza sull'”ingerenza turca”, Baghdad per bocca del capo di Stato maggiore del suo esercito, generale Osman al Ghanimi, ha mandato a dire che “la presenza di un contingente militare turco complica la battaglia per Mosul”. Non prima di lanciare un avvertimento: “i soldati turchi potrebbero essere attaccati per errore durante le operazioni”.

A minacciare senza mezzi termini di colpire i soldati turchi sono invece le milizie sciite armate: “Le milizie popolari vinceranno a Mosul, rimarranno a Mosul e non permetteremo all’esercito di Erdogan di prendere parte alla battaglia”, ha detto in un discorso televisivo oggi lo sceicco Qais al Khazali, leader delle potenti milizie sciite denominate “Brigate della Gente della Giustizia”. Tuttavia, all’aperta avversione della maggioranza sciita si contrappone l’evidente soddisfazione di esponenti della minoranza sunnita per le mosse di Ankara. Una situazione che ha spinto l’ex governatore di Mosul, al Nujeifi, a lanciare l’allarme: “Se si impedisce alla Turchia di partecipare alla liberazione della città, il Paese rischia la divisione”. Per il quotidiano arabo al Quds al Arabi, “ad istigare gli sciiti iracheni contro Ankara” sono gli ayatollah di Teheran che vogliono “tenere lontana” l’influenza di potenze regionali sunnite rivali come Turchia e Arabia Saudita. Questa crisi tra due “alleati” degli Stati Uniti sembra mettere in imbarazzo Washington, che ha cercato di mettere i paletti alle argomentazioni di Ankara: “Le forze turche presenti in territorio iracheno non sono andate con il permesso dell’Iraq e pertanto non sono ufficiali”, ha detto, citato dalla tv curda “Rudaw”, il portavoce della coalizione internazionale a guida americana, colonnello John Dorian spiegando poi che “gli Stati che fanno parte della Coalizione sono presenti in Iraq con il permesso del governo iracheno e sono forze che appoggiano l’esercito iracheno in cielo e in terra”. A cercare di trovare uno sbocco all’impasse che sembra minacciare seriamente l’avvio dell’operazione militare per la liberazione di Mosul ci ha provato l’ex capo di stato maggiore iracheno, il generale curdo Babaker Zebari: “Le relazioni tra Iraq e Turchia devono essere riviste”, ha detto prima di lasciare intendere quale sia il vero obbiettivo di Ankara in Iraq: “Anche se partecipano alle operazioni (liberazione Mosul), le milizie sciite non entreranno in contatto con i peshmerga curdi né con i soldati turchi, ma la partecipazione dei combattenti del PKK, questo sì che rappresenta un serio pericolo”.

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