Nasce il partito di Renzi, trattative e tormenti nel Pd. Le perplessità di Conte
Alla Camera, i renziani sono convinti di arrivare a circa 25 componenti. Al senato pronto il sostegno di Nencini. Zingaretti: “E’ un errore, ora pensiamo al futuro”
Un conto e’ avere un manipolo di senatori a palazzo Madama, un altro e’ tentare di aumentare i numeri mettendo in difficolta’ il gruppo. Il progetto di Matteo Renzi e’ ufficialmente partito ma il modo della separazione che verra’ sancita nei prossimi giorni e’ motivo di forte attrito perfino tra i fedelissimi del senatore di Firenze. In un primo momento l’ex premier sembrava intenzionato prima ad uscire da solo dal partito, poi a portare con se’ solo alcuni esponenti a lui vicini. Ora pero’, dopo aver accelerato i tempi, anche in risposta alle reazioni arrivate da piu’ parti, il tentativo in atto sarebbe quello di una prova muscolare. L’obiettivo al Senato non e’ il gruppo misto e magari neanche arrivare ai dieci senatori utili per costituire un gruppo, contando pero’ sull’appoggio di Nencini per il simbolo (appoggio che non e’ ancora certo). Renzi starebbe tentando di allargare il fronte, contattando – spiegano fonti parlamentari – altri senatori. Non e’ certo che riuscira’ ad andare oltre alla decina d’unita’ ma al momento avrebbe intenzione di cercare di arrivare ad un maggior numero possibile. C’e’ chi parla di quindici possibili adesioni ma non e’ escluso che ci voglia un po’ piu’ di tempo.
“Se vuole altri senatori – osserva un dem a palazzo Madama – crea una spaccatura ancora piu’ forte di quella prevista alla vigilia”. Perche’ e’ ormai assodato che quella separazione consensuale auspicata da diversi renziani non c’e’. Anzi lo stesso fronte renziano sta vivendo un vero e proprio dramma. Anche dal punto di vista dei rapporti umani, soprattutto al Senato dove i numeri sono piu’ ballerini. Nei mesi scorsi la divisione con Guerini e Lotti che hanno dato vita a Base riformista. Ora si sono sfilati anche degli esponenti da sempre considerati al fianco dell’ex presidente del Consiglio. Da Malpezzi a Biti che oggi ha sottolineato di voler restare nel partito, “di essere al servizio di questa comunita’”. Non saranno molti i parlamentari toscani – perlomeno sulla carta – a seguire l’ex segretario dem. Marcucci mantiene il ruolo di capogruppo dem di Palazzo Madama. Anche un altro fedelissimo come Parrini ha fatto la scelta di rimanere nel partito del Nazareno. Oggi Renzi a ‘Porta a porta’ tornera’ sulle motivazioni illustrate a ‘Repubblica’, ma i tormenti dei suoi sono aumentati, non certamente diminuiti. Le trattative su chi aderira’ al gruppo renziano sono in corso anche alla Camera, dove i numeri dovrebbero essere piu’ ampi. I renziani sono convinti di arrivare a circa 25 componenti. Renzi ha spiegato che ribadira’ convintamente la sua fiducia al governo (“il sostegno sara’ leale e continuo”, afferma Rosato) ma i ‘big’ del Pd interpretano questa operazione come fattore destabilizzante per la navigazione dell’esecutivo e della maggioranza.
“E’ un errore, ora pensiamo al futuro. Andiamo avanti”, sostiene Zingaretti. Franceschini e’ ancora piu’ duro: “La storia dovrebbe insegnare: nel 21-22 il fascismo cresceva sempre piu’. Popolari socialisti liberali avevano la maggioranza in Parlamento, fecero nascere i governi Bonomi, Facta1, Facta2. La litigiosita’ e le divisioni li resero deboli sino a farli cadere facendo trionfare Mussolini”. Netto anche Gentiloni: “Teniamoci stretto il Pd”. Nella maggioranza dem non e’ piaciuta nei giorni scorsi l’intervista di Bettini che vedeva anche dei lati positivi nella scissione di Renzi. Perplessita’ sulla strategia di Renzi le esprime anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che non entra nelle dinamiche interne ai partiti ma ritiene “singolare la scelta dei tempi di questa operazione, annunciata subito dopo il completamento della squadra di governo”. Il premier non vuole che si ripropongano le trattative estenuanti su ogni provvedimento e intravvede il rischio di complicazioni, a partire dalla legge di bilancio, con Renzi che ovviamente vuole essere in prima persona un interlocutore dell’esecutivo. Oggi tra l’altro c’e’ stato un colloquio telefonico tra lo stesso Conte e il capo politico M5s, Di Maio, che questa sera riunira’ i gruppi parlamentari. Renzi punta a presidiare un’area di centro, con Casini pero’ che – pur sottolineando la stima nei confronti dell’ex premier – sottolinea di non essere consigliere “ne’ occulto ne’ palese di nessuno e, dopo tanti anni di vita parlamentare, non mi interessano le dinamiche del Pd, partito a cui peraltro non appartengo”. Sarebbero circa sei o sette i senatori azzurri che in una prospettiva di medio o lungo termine potrebbero aderire al progetto di Renzi. Pesa in FI la voglia di non essere trainati dalla Lega ma anche tra i moderati si esclude per ora che all’orizzonte possa esserci l’idea di gruppi autonomi.