Ncd furiosa con l’Alfano, “scarica tutti”. La mancata difesa di Azzollini fa esplodere il partito

ALTA TENSIONE In questo clima da resa dei conti si incuneano le sirene di Berlusconi e Verdini, che in questi giorni lavorano di telefono di Pietro De Leo

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Pietro De Leo

Quanto non siano giorni felici nel governo è già evidente all’interno nel Pd. E diventa rovente nell’alleato numero uno, il Nuovo Centrodestra. La richiesta di arresto per il senatore Antonio Azzollini (che sarà sentito dalla Giunta per le Autorizzazioni giovedì 18 giugno alle 14) indagato per associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta infatti, rischia di far arrivare il partito all’epilogo della sua profonda crisi di identità politica. Che si ricongiunge all’atteggiamento del leader Angelino Alfano. La sintesi è tutta nell’intervista al Corriere della Sera di venerdì. “Se il Pd optasse per l’arresto, uscireste dal governo?” era la domanda sul caso Azzollini. “Perché strumentalizzare una questione che attiene alla libertà di una persona? – ha risposto Alfano – questo ragionamento non sarebbe di aiuto né all’interessato, né alla nobiltà dei nostri propositi”. E ancora: “non vanno mischiati piani che sono distinti e separati”.

Nel codice della politica, ciò significa una cosa sola: Azzollini verrà abbandonato al suo destino. Almeno, questa è la lettura che si dà nei gruppi di Ncd, soprattutto al Senato, dove i numeri risicati del governo, aumentano il potere contrattuale di ogni singolo parlamentare. Il ragionamento che accompagna questa “conta” è relativo al prezzo pagato in termini di consenso e iniziativa politica per rimanere in un governo a trazione Pd renziana. In presenza di un leader che ogni volta non tutela i suoi e in assenza di contropartite adeguate.
Dopo le dimissioni di Lupi dai Trasporti, ad esempio, Ncd aspirava a riempire la casella delle Riforme, cosa mai avvenuta. Soprattutto, si nota con sdegno l’applicazione dei “due pesi e due misure” di cui, da sempre, la sinistra fa ampio esercizio. Tra gli alfaniani si valuta come il Pd affronti con disinvoltura garantista il caso di Mafia Capitale, che ne abbraccia la classe dirigente a livello Comunale e Regionale, a fronte dell’intransigenza dimostrata verso gli alleati (vedere, pur nella loro diversità, i casi De Girolamo, Lupi, Gentile e ora Azzollini). Solo il sottosegretario Castiglione (indagato nell’inchiesta Roma Capitale 2), siciliano come Alfano, gode di una “immunità etica”, e ha avuto qualche giorno fa la “benedizione” di Renzi: “Non chiederò mai le dimissioni per un avviso di garanzia”, ha affermato.

La domanda, ora, è sulla ragione sociale di Ncd. Sembra difficile ci sia altro al di là della mera permanenza al governo, e soprattutto del mantenimento della plancia di comando al Viminale per Angelino Alfano. Chiaro che, con tanti dubbi e scuotimenti, emergano anime e differenziazioni. Al momento se ne contano tre. I filo governativi, di cui portabandiera sono, ovviamente Angelino Alfano e il ministro della salute Beatrice Lorenzin; coloro che guardano ad un cantiere popolare -centrista (con Raffaele Fitto e Flavio Tosi), capitanati da Gaetano Quagliariello e Maurizio Sacconi. Infine, quelli che non ne possono più della subalternità a Renzi. Tra questi vi è senz’altro Nunzia De Girolamo, che da tempo registra l’incompatibilità della permanenza al governo con la realizzazione di politiche davvero di centrodestra. In mezzo, Lupi, un po’ filo governativo un po’ no. In questo clima da resa dei conti si incuneano le sirene di Berlusconi e Verdini, che in questi giorni lavorano di telefono. Il primo vuol mettere in difficoltà al Senato il governo, il secondo al contrario pare voglia gettare una ciambella di salvataggio a Renzi. Di certo, la riunione congiunta dei gruppi Ncd, che dovrebbe svolgersi tra martedì e giovedì della settimana entrante, se non proprio da resa dei conti non sarà una passeggiata di salute.