Nel governo esplode la bomba migranti, Fontana presenta dimissioni: processare Salvini è processare tutto l’esecutivo

Nel governo esplode la bomba migranti, Fontana presenta dimissioni: processare Salvini è processare tutto l’esecutivo
Il ministro per la Famiglia, Lorenzo Fontana
29 gennaio 2019

Terremoto “migranti” scuote il governo gialloverde. Il ministro per la Famiglia, Lorenzo Fontana, presenta le dimissioni a Matteo Salvini. “Se ci dovesse essere l’autorizzazione” nei riguardi del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, “non dovrebbe essere l’unico a essere posto sotto processo ma tutto il governo”. E così’ Fontana annuncia di aver “rimesso nelle mani di Salvini il mio mandato, perché ritengo sia giusto consolidare la sua difesa, anche perché penso ci sia da chiedersi se non ci sia in atto un tentativo per fermare il cambiamento voluto da una larga maggioranza di italiani”. Un sì all’autorizzazione “non favorirebbe l’adempimento del contratto”, aggiunge il ministro, che invita il Movimento 5 stelle ad una “riflessione seria”.

La decisione di Lorenzo Fontana di rimettere il suo incarico nelle mani di Matteo Salvini e’, spiegano fonti della Lega, un’iniziativa spontanea e personale del ministro della Famiglia e vicesegretario del partito. Le stesse fonti sottolineano che non ci sono disegni politici dietro questa decisione e che non si attendono ‘reazioni a catena’ da parte di altri ministri leghisti. La mossa di Fontana, spiegano fonti vicine al ministro, e’ animata dalla convinzione che vi sia necessita’, in un momento come questo, di mostrare massima compattezza attorno a Salvini. L’obiettivo e’ di “responsabilizzare tutto il governo” – si spiega – dopo l’autorizzazione a procedere chiesta dal Tribunale dei ministri per il caso Diciotti, “ponendo una questione di principio su un processo politico”. Ad ogni modo – da un punto di vista tecnico – al di la’ della sua valenza politica, una decisione come la remissione del mandato di ministro puo’ provocare conseguenze piu’ dirette sulla composizione del governo se avviene nelle mani del presidente del Consiglio.

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Insomma, la Lega lancia più che un ultimatum ai pentastellati. Domani alle 11 il caso Salvini approderà all’esame della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato e dalle parole si passerà ai fatti. Il tribunale dei ministri ha indagato il titolare del Viminale per sequestro di persona aggravato dopo quanto accaduto con la nave Diciotti e sono i due capigruppo di Senato e Camera, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari a mettere le cose in chiaro: “Processare chi, nell’esercizio delle sue funzioni di ministro dell’Interno, ha contemporaneamente agito nel pieno rispetto delle leggi e della Costituzione e ottemperato al mandato ricevuto dagli elettori, significa inequivocabilmente – mettono nero su bianco – tentare di processare il governo”. Il Carroccio, ovviamente, respingerà – sia in Giunta che in Aula – la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini e lo stesso faranno FI e FdI.

Nell’organo deputato a decidere sull’immunità, però, sono in ’cassaforte’ solo otto voti contrari su 23: quattro arriveranno dai senatori della Lega, tre da Forza Italia perché il presidente, Maurizio Gasparri, per prassi non vota e uno da FdI. Sul fronte opposto ci sarà probabilmente il Pd. Oggi a Palazzo Madama, si sono riuniti per la prima volta con il presidente Andrea Marcucci, i quattro componenti dem della Giunta che hanno concordato sulla “necessità di seguire l’iter” della richiesta in Giunta e di “approfondire la questione, da tutti i punti di vista”. I senatori giudicano “seria e ben documentata” la richiesta del Tribunale dei ministri e tutto sembra costituire la premessa a un voto condiviso e positivo alla richiesta di autorizzazione a procedere. Anche Matteo Renzi, che sarà chiamato a esprimersi quando il caso arriverà nell’aula del Senato, annuncia il suo sì: “Sono arrivate in Senato le carte del Tribunale dei Ministri nei confronti di Matteo Salvini. Dopo averle lette con attenzione e senza alcun pregiudizio ideologico – sottolinea – voterò a favore della richiesta di autorizzazione a procedere”.

Orientato a far procede l’azione penale degli inquirenti, poi, anche il leader di Leu Pietro Grasso. Mentre si dichiarano ancora indeciso il senatore delle Autonomie Meinhard Durnwalder (che si è astenuto in occasione della fiducia al governo M5S -Lega e che potrebbe fare altrettando in questa circostanza) e Gregorio De Falco, passato al gruppo Misto dopo l’espulsione dal M5S, ma che spesso si è dichiarato a favore dei dettami originari del Movimento, tra i quali ’la legge è uguale per tutti. Tutto dipenderà, insomma, da cosa deciderà di fare il M5S che in Giunta conta ben 7 senatori. Se alcuni esponenti di spicco del movimento, come Gianluigi Paragone e la ministra Barbara Lezzi, assicurano che dai pentastellati arriverà il via libera ai magistrati (“perché è quello che vuole Salvini”) ancora non tutto è deciso.

“Il sì dei commissari M5S? Non è scontato – spiega a LaPresse Mario Giarrusso, componente della Giunta riconfermato dopo la passata legislatura – stiamo decidendo. Paragone e Lezzi? Solo opinioni”, assicura. In realtà, viene spiegato, i grillini aspettano che sia Salvini a fare chiarezza in prima persona, chiedendo una mano all’alleato in nome di una politica migratoria decisa insieme. Se il ministro dell’Interno finisse a processo – ragionano alcuni pentastellati – tutto il Governo sarebbe in imbarazzo e a maggior ragione il ministro dei Trasporti Toninelli che del vicepremier leghista ha benedetto ogni mossa. In più, in caso di un’eventuale condanna il ’contrattò M5S-Lega, alla voce ’Codice etico dei membri del Governò, parla chiaro: “Non possono entrare a far parte del governo – si legge – soggetti che siano sotto processo per reati gravi (ad esempio: mafia, corruzione, concussione, etc.)”. Il sequestro di persona aggravato non è contemplato. Ma vallo a spiegare alla base.

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