Nel Pd si salda fronte ‘anti-Aventino’

Nel Pd si salda fronte ‘anti-Aventino’
Il segretario reggente del Pd, Maurizio Martina
17 marzo 2018

Il governo con Lega e M5s no, perché “non ci sono le condizioni”, ma il Pd non può condannarsi all`Aventino e deve una volta per tutte mettere da parte il “renzismo”. Comincia a concretizzarsi lo scenario che Matteo Renzi temeva, pezzi importanti – e diversi – del Pd iniziano a fare fronte comune per tracciare un percorso ben diverso da quello immaginato dal segretario dimissionario. L`iniziativa di questa mattina era di Gianni Cuperlo, ma bastava leggere l`elenco dei partecipanti per capire che aria tirava: Andrea Orlando, il neo-iscritto Pd Carlo Calenda, il neo-reggente Maurizio Martina che si è presentato nella sua nuova veste esaltando le virtù della “gestione collegiale” del partito, cioè il contrario di quello che faceva Renzi. L’embrione di un `correntone` che rimescola gli assetti usciti dal congresso dello scorso aprile, mettendo insieme pezzi di minoranza, di maggioranza e new-entry come il ministro che da mesi polemizza con Renzi. Obiettivo comune: assicurare la disponibilità del Pd ad un eventuale tentativo di Sergio Mattarella di mettere su un `governo di scopo` o `del presidente` per uscire dalle sabbie mobili. È Cuperlo a tracciare il copione, come padrone di casa tocca a lui l`apertura dei lavori, ma si tratta di un soggetto che anche gli altri interpreti hanno ben chiaro in testa: “Non vedo le condizioni per un accordo con chi dice di aver vinto – premette – ma i sei milioni che ci hanno votato lo hanno fatto perché governassimo…”. E per essere ancora più chiaro: “Se dopo tentativi a vuoto l’appello fosse a un governo condiviso, io dico che non dovremmo scegliere l’Aventino”.

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Perché è chiaro a tutti che il capo dello Stato arriverà probabilmente ad un tentativo del genere, se chi ha vinto politicamente le elezioni – cioè M5s da un lato e centrodestra e in particolare la Lega dall`altro – non sarà in grado di mettere insieme una maggioranza in Parlamento. Su Martina, Calenda e Orlando recitano assolutamente la stessa parte, anche se il ministro dello Sviluppo forse preferirebbe rimandare il tema. Martina però va anche oltre, dice che il Pd non deve giocare solo di rimessa: “Anche io come Gianni penso che un governo 5 stelle-Lega sia pericoloso per questo Paese. Noi non ci tireremo indietro dal confronto e non aspetteremo che siano le forze che hanno vinto a fare le loro mosse”. Poi tocca a Calenda, interpellato dai giornalisti a margine: “Noi dobbiamo stare all’opposizione. Poi è chiaro che se a un certo punto si deve fare un governo istituzionale, un governo di tutti, del presidente, se il presidente della Repubblica chiede… Quello è un altro paio di maniche. Ma adesso mi pare presto per parlarne”. Quindi Orlando: “Bisogna evitare l`aventinismo”. Certo, accordi politici con M5s e Lega non sono praticabili, ma non “perché ci hanno insultato”, bisogna spiegare che l`incompatibilità è sul programma. E bisogna “distinguere il livello istituzionale dal livello del governo”, ovvero sulle presidenze delle Camere intanto bisogna essere della partita. Ma lo stop alla linea dell`Aventino è solo una parte del messaggio partito questa mattina. L`altro, appunto, è il superamento del “renzismo”, come ha detto Cuperlo. Un “disegno politico” che è stato bocciato “dagli elettori”.

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Su questo anche Calenda è sferzante: è stato “da matti” dire che Di Maio non può fare il premier perché ha fatto lo stEward allo stadio, Renzi ha sbagliato a ignorare le “paure” degli italiani offrendo solo messaggi ottimistici e sottolineando unicamente i risultati positivi: “Il nostro lavoro non è di dire agli italiani che il futuro è roseo è che loro sono cretini perché sentono le paure. Non esiste una società che si fonda solo sulle eccellenze”. È un processo vero e proprio a tutta la strategia di comunicazione di Renzi, anche se Calenda tiene a precisare: “Nel suo complesso – afferma Calenda – il governo ha fatto una politica articolata e giusta, forte. E di sinistra”. Il timore del ministro è che prevalga la tentazione di tornare all`antico, una `rifondazione Ds` o cose simili: “Non possiamo pensare che la sinistra passi dall`essere `evviva qualunque disuguaglianza perché fa parte della storia` a `chiudiamoci in quello che eravamo 35-40 anni fa perché era meglio`. Perché questa cosa è morta uguale”. Su questo anche Martina è netto nel rispondere a Roberto Speranza, che parla di un dialogo con il “nuovo Pd”. Dice Martina: “Chi è uscito dal Pd a sinistra e oggi dice ‘l`avevamo detto`, francamente… anche no. C`è un limite a tutto”. Ma il più duro con Renzi è forse Orlando: attacca gli “episodi di nepotismo e clientelismo” che secondo lui non sono mancati in questi anni, mette in guardia dai “giapponesi” che ci sono ancora nel Pd. Soprattutto, stronca la lettura del voto dell`ex segretario: “Il suo messaggio è che siamo stati troppo seri, il sottotesto è che gli italiani sono dei cialtroni e non si meritano persone serie come noi. È un modo ottimo per perdere le elezioni dei prossimi 20 anni”.

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