La scoperta, che verrà pubblicata in un articolo sulla rivista “The Astrophysical Journal”, è stata ottenuta grazie alle osservazioni condotte con il radiotelescopio dell’Istituto di Radioastronomia Millimetrica (IRAM) a Pico Veleta, in Spagna. I risultati presentati nel lavoro indicano che l’abbondanza di fosforo nelle regioni di formazione stellare è oltre dieci volte maggiore di quanto finora ritenuto. “Questa indagine ci rivela che il fosforo è un ingrediente importante e relativamente abbondante per ‘cucinare’ stelle, pianeti e forse anche la vita”, commenta Francesco Fontani (INAF-OAA), tra i coautori del lavoro. Il gruppo di formazione stellare che è attivo presso l’Osservatorio Astrofisico di Arcetri dell’Inaf, in parte finanziato dal Progetto Premiale iALMA, è leader a livello mondiale nella rilevazione e nello studio di molecole interstellari particolarmente interessanti nel campo dell’astrobiologia. “Alcuni anni fa, abbiamo scoperto la presenza dello zucchero più elementare, il glicolaldeide, in una regione di formazione stellare. Sia gli zuccheri che i composti del fosforo sono gli elementi costitutivi della doppia elica del DNA” aggiunge Maite Beltrán (INAF-OAA), che ha partecipato all’indagine.
“Finora erano state studiate in dettaglio nelle “culle” stellari solo molecole contenenti idrogeno, carbonio, ossigeno e azoto”, dice Jesús Martín-Pintado(CAB-CSIC ). “Con la nostra scoperta possiamo iniziare a studiare anche la chimica del fosforo nel mezzo interstellare, che ci darà importanti indizi su come la complessità chimica possa svilupparsi per formare molecole più complesse e di interesse astrobiologico”. “La ricerca di molecole prebiotiche in regioni di formazione stellare è appena iniziata, ma il fatto di aver individuato un altro elemento costitutivo della vita porta ancora più entusiasmo nel campo dell’astrochimica. Il futuro di questo settore di ricerca è luminoso, grazie anche ai grandi strumenti che abbiamo oggia disposizione, come i telescopi IRAM e Atacama Large Millimeter / Submillimeter (ALMA)”, commenta Paola Caselli, direttrice dell’Istituto Max Planck per la Fisica Extraterrestre, anche lei nel team che ha condotto lo studio.