di Gianluca Rossellini
Lotta all’abusivismo, maggiore prevenzione senza più concessioni facili, attenzione agli interventi meno invasivi nei torrenti e nelle coste e ridefinizione e completamento dei lavori a Giampilieri, dove la messa in sicurezza non è mai finita. Sono questi gli obiettivi immediati del neo Capo del Genio Civile di Messina Leonardo Santoro, manager tra i più preparati in Sicilia. Si trova su una poltrona che scotta dopo il trasferimento dell’ex dirigente Gaetano Sciacca, ma è molto determinato nel far rispettare le regole nella città dello Stretto, tra l’altro molto attenzionata perché in passato al centro di catastrofi naturali come terremoti e alluvioni e ad uno dei sacchi edilizi più sconvolgenti del Meridione.
Santoro lei ritiene che dopo cinque anni e centinaia di milioni di euro spesi, Giampilieri, colpita dalla terribile alluvione del 2009, sia finalmente in sicurezza?
“Si è continuato ad intervenire con tecniche tradizionali che francamente sono ormai escluse nel resto d’Italia: mi riferisco all’uso del cemento armato per impermeabilizzare l’alveo dei torrenti o la realizzazione di canaloni, per l’allontanamento delle acque. All’atto del mio insediamento i lavori di Giampilieri risultavano incompleti e privi della funzionalità idraulica e l’ho riferito al Prefetto di Messina Stefano Trotta e al presidente della Regione Rosario Crocetta. La realizzazione imponente di un canalone in cemento armato in cresta alla colline, che raccoglierà le acque di un intero versante, mi auguro sia stato realizzato in un sito che non destabilizzi a sua volta la montagna. La realizzazione poi del tratto di attacco di queste tombinature in cemento armato, impermeabilizzando l’alveo del torrente giù a valle dell’abitato, senza la realizzazione ad oggi del tratto intermedio è un elemento di rischio terribile. Questo perché a seguito di una forte pioggia, una cascata d’acqua si riverserebbe nel paese, vista l’efficacia di raccolta da parte del canalone a monte e la velocità di trasferimento immediata a valle. Questo anche perché i lavori non sono stati realizzati con tecniche di ingegneria naturalistica dei primi del secolo, quindi in pietrame, materiale drenante. Visto quindi che il paese non è ancora in sicurezza ho subito cercato di risolvere al più presto il problema di trovare un nuovo Rup e far ripartire i cantieri, perché i lavori non completi sono pericolosi”.
Secondo lei quanto è determinante la prevenzione nell’evitare catastrofi naturali.
“E’ importantissima. Difatto, per la prevenzione ho subito attivato la procedura relativa al rischio idraulico, come ad esempio il sovralluvionamento dei torrenti o il rischio esondazioni anche per brevi piogge. A tal proposito ho contattato diversi sindaci, distribuiti per gruppi, per coordinare interventi che non avrebbero logica per singolo comune, ma invece, sono determinanti se concepiti per l’intero bacino torrentizio. Nel sito del mio ufficio, fornisco anche indicazioni di prima emergenza, legati alle necessità di svuotare l’alveo sotto tutti gli attraversamenti stradali e infrastrutturali in genere, indicando le competenze di ogni singolo ente al fine di fare chiarezza. Quelle del Genio civile sono legate alla vigilanza complessiva secondo una norma del 1903, poi ci sono quelle dei comuni, dell’Anas, del Cas o di altri enti che posseggono opere che attraversano il torrente.
Per quel che riguarda la sistemazione dei torrenti e il problema dell’erosione delle coste, come intende intervenire?
“Al mio arrivo ho dovuto fronteggiare la forte erosione della costa nell’abitato della frazione di Torre Faro a Messina, che interessava la piazza principale del paese. Per questa emergenza il dipartimento regionale infrastrutture aveva stanziato 200 mila euro e mi ha intimato di mandare subito in gara i lavori, pena la revoca del finanziamento. In seguito, ho scoperto che la perizia era ferma in ufficio e non era stata porta avanti per motivazioni banali. Mi sono quindi attivato e i fondi non sono stati persi. Per i torrenti ho problemi legati ad esempio a Savoca e Agrò che sono solo alluvionali per colpa di una precisa scelta delle sistemazioni idrauliche degli anni’ 70 con argini in calcestruzzo, contrariamente ad esempi migliori di altre strutture ingegneria civile in pietrame drenanti. Quest’ultime regolano meglio il corso torrenti e permettono più facilmente il trasferimento a mare del materiale solido. Le soluzioni scelte hanno forse risolto il problema immediato dei centri montani che si affacciavano su torrenti, tuttavia hanno bloccato i trasferimenti a mare, con torrenti sempre più pericolosi e litorali costretti all’erosione. Ho attivato delle perizie affinché con la con misura Pac3 si possa trasferire questo materiale presente nei torrenti nelle coste risolvendo entrambi i problemi. Ho seguito come progetto pilota quanto fatto a Tusa dove si è risolto il problema ed intendo utilizzarlo in tutti i tratti dei nostri litorali. Tra l’altro risparmiando molto perché si tratta solo di movimento terra e non vi sono opere in cemento armato costosissime”.
Molti pensano che Messina sia una città dove l’edilizia non potrà ripartire perché ci sono state troppe speculazioni ed eccessivi divieti.
“Messina è una città che offre in questo momento soprattutto la possibilità di ridefinizione e ammodernamento del patrimonio edilizio soprattutto in porzioni dell’ edificato dove non c’è rischio idrogeologico. Mi riferisco agli edifici nati a seguito del piano Borzì per i baraccamenti con i trasferimenti forzati dopo il terremoto in villaggi realizzati da fabbricati ad alta pericolosità sismica. Qui la riqualificazione può essere fatta con un duplice vantaggio: da una parte eseguire interventi a consumo suolo zero e far ripartire l’edilizia, dall’altra fornire sicurezza ai cittadini che vivono in quelle case”.
In caso di terremoto, quindi, gran parte di Messina ancora oggi non è sicura.
“A Messina è sicuro il 50 percento del patrimonio edilizio, le case costruite dopo il piano Borzì come dicevo prima non sono sicure, quelle costruite negli anni 20 e 40 e anche negli ultimi 30 anni sono al riparo dai pericoli perchè costruite con tecniche e materiali adeguati, ho dei dubbi sulle abitazioni costruite nel boom dell’edilizia degli anni ’70-’90, per il materiale utilizzato in alcuni casi”.
In estrema sintesi, il male peggiore che ha generato questo drammatico scenario?
“Si è esagerato con varianti al piano regolatore che hanno permesso di realizzare abitazioni in alcune colline in modo sconsiderato, qualcuno le ha redatte e qualcuno le ha approvate. Chi lo ha fatto deve essere imputato e condannato. Si dovrà da ora in poi costruire solo in terreni pianeggianti, utilizzando anche nuove tecniche innovative di adeguamento sismico”.
“Infine molte associazioni ambientaliste chiedono di monitorare maggiormente le cave ?
“La realizzazione e gestione di cave devono essere fatte nel rispetto del territorio coerentemente con il piano regionale. Spero però che più che le cave, si intensificano interventi naturalistici ad esempio sulle colline della Strada panoramica con un adeguato rimboschimento”.