Si diceva, un tempo, ‘Roma locuta, causa finita’: una volta che su una dirimente questione dottrinale si esprime la Santa Sede, la discussione, nel resto del mondo, è chiusa. A mo’ di sberleffo, c’era pura una versione popolana dello stesso concetto, ‘A Roma si fa la fede, altrove ci se crede’: pur venata di ironia (Roma, se ne deduce, non ci crede), la convinzione era comunque che il resto del mondo disciplinatamente seguisse. I tempi sono indubbiamente cambiati se ora quando una netta presa di posizione del Vaticano viene accolto da silenzi, distinguo, aperte e vocali contestazioni, come è avvenuto sulla questione della benedizione delle coppie omosessuali. Ricapitolando: lunedì la congregazione per la Dottrina della fede – l’ex Santo Uffizio, custode dell’ortodossia nell’orbe cattolico – ha risposto con un ‘responsum’ negativo ad un ‘dubium’ circa la legittimità di benedire in Chiesa coppie conviventi dello stesso sesso. Già di per sé, la nota vaticana si è ritenuta necessaria perché, come si leggeva, ‘in alcuni ambiti ecclesiali si stanno diffondendo progetti e proposte di benedizioni per unioni di persone dello stesso sesso’. La conclusione del dicastero guidato dal gesuita spagnolo Luis Ladaria, ad ogni modo, non lascia spiragli: la Chiesa ‘non benedice né può benedire il peccato: benedice l’uomo peccatore, affinché riconosca di essere parte del suo disegno d’amore e si lasci cambiare da Lui’. Punto. A capo.
La presa di posizione ha ricevuto un’accoglienza quanto mai variegata. Il corpo della Chiesa cattolica, d’altrone, è plurale, e a dire il vero non è nuovo che un pronunciamento romano – che ha oltretutto ricevuto il beneplacito di papa Francesco – sia contestato da alcuni. Il caso forse più eclatante della storia moderna della Chiesa – sempre di sesso si parlava – è stata la sofferta enciclica di Paolo VI sulla pillola contraccettiva, la ‘Humanae vitae’, pubblicata in pieno 1968, ha innnescato crisi di coscienza, mugugni, sconcerto tra i fedeli più progressisti ma anche tra le tranquille coppie di marito e moglie stretti tra l’impossibilità, economica tra l’altro, di avere troppi figli, e il giusto desiderio – riconosciuto anche dal Concilio vaticano II – di vivere le gioie del matrimonio. La lettera montiniana fu criticata, contestata, anche da vescovi e teologi, disapplicata. Fu un trauma, anche per il papa bresciano, che da allora alla sua morte, avvenuta ben 10 anni dopo, non pubblicò più nessuna enciclica. Oggi la cosa è diversa, e non solo perché a suscitare il dibattito è un documento indubbiamente minore, per autorevolezza magisteriale, di un enciclica: un semplice ‘responsum’, appunto, della pur autorevolissima Dottrina della fede. Ma soprattutto è il tono del dibattito ad essere se non più disteso, tuttavia spontaneo, naturale. E’ cambiata la società, ma è cambiata anche la Chiesa.
Su sollecitazione di papa Francesco in persona, peraltro, è iniziata l’epoca dei sinodi: il Sinodo dei vescovi, innanzitutto, che a Roma, già nel 2014, tra non pochi contrasti, aveva accantonato il tema delle coppie omosessuali, e che si concluse con l’esortazione apostolica Amoris laetitia (2016), comunque così controversa – ‘E’ un fatto che Amoris laetitia non sia ancora stata recepita ovunque nel mondo’, ha confermato il cardinale Kevin Farrell – che il 18 marzo inizia un anno speciale dedicato dal Vaticano alla sua applicazione. In molti paesi del mondo, non di rado sulla scia della crisi degli abusi sessuali sui minori, sono stati convocati sinodi nazionali per affrontare i tempi più disparati, non di rado connessi con la morale sessuale. La conferenza episcopale italiana, dopo le insistenze di Bergoglio, ha infine annunciato un prossimo sinodo, i vescovi australiani hanno preannunciato per ottobre prossimo la prima assemblea di un ‘concilio plenario’, i vescovi irlandesi hanno da poco reso noto che daranno avvio nei prossimi mesi a un percorso sinodale, ma la prima è stata la Chiesa tedesca, che a spron battuto, già da fine 2019, sta svolgendo, vescovi e laici insieme, un ‘percorso sinodale’ che ha sollevato più di un’appresione a Roma. Tra i temi più delicati, appunto, la benedizione delle coppie omosessuali: alcuni vescovi tedeschi già lo fanno, il Vaticano è sembrato voler frenare, con il suo ‘responsum’, le fughe in avanti. Ma la reazione, dalla Germania e non solo, è stata tutt’altro che docile. Nella Chiesa c’è un’opinione pubblica, e anche un dissenso cattolico di alto livello.
Il presidente della Conferenza episcopale tedesca, mons. Georg Baetzing, ha subito commentato affermando che ‘i punti di vista esposti dalla congregazione per la Dottrina della fede devono e certamente troveranno posto nelle discussioni’ in corso nel quadro del percorso sinodale che i vescovi tedeschi, insieme ai laici cattolici organizzati nel Zentralkomitee der Deutschen Katholiken stanno svolgendo dalla fine del 2019, un’iniziativa che pone tematizza tra l’altro ‘la necessità e i limiti dello sviluppo dell’insegnamento della Chiesa’. Più esplicitamente, in una intervista alla Katholische Nachrichten Agentur, il vescovo di Limburgo si è detto ‘non contento’ della modalità di intervento della Santa Sede: ‘Dà l’impressione che il dibattito teologico, attualmente in discussione in varie parti della Chiesa universale e anche qui in Germania, debba terminare il più rapidamente possibile’. Ma ‘la discussione è intensa e con buoni argomenti in molti luoghi, e le indagini teologiche sulla pratica pastorale oggi non possono essere eliminate semplicemente con una parola calata dall`alto’. In una nota congiunta, da parte loro, i due presidenti del forum che, all`interno del percorso sinodale, dibatte in particolare delle relazioni umane (eterosessuali e omosessuali), il vescovo Helmut Hier e la laica Birgit Mock, affermano che si può ‘sviluppare ulteriormente l’insegnamento della Chiesa in dialogo con le realtà della vita e le intuizioni delle scienze umane’.
Mons. Hier nota, poi, che con il pronunciamento vaticano ‘si dà per scontato, e dunque si riconosce, che ci sono relazioni di coppia omosessuali’ e che in esse ‘ci sono elementi positivi che devono essere messi in evidenza e valorizzati in modo che siano trattate con rispetto e attenzione’; la possibilità di bendire queste coppie, ‘è rigorosamente negata con l`attuale sviluppo dell`insegnamento’ magisteriale. Birgit Mock, da parte sua, mette in evidenza che ‘le benedizioni non sono disponibili, è vero. Non dobbiamo però perdere l’occasione di riconoscere i fondamenti di Dio nell’amore di queste coppie’. A prescindere dal sinodo, sempre in Germania, se alcuni vescovi – Stefan Oster (Passau), Rudolf Voderholzer (Regensburg), Wolfgang Ipolt (Goerlitz), Gregor Maria Hanke (Eichstaett) – si sono detti d`accordo con il ‘responsum’ vaticano, altri hanno espresso apertamente le loro riserve: la presa di posizione vaticana è ‘deludente’, secondo il vescovo di Dresda Heinrich Timmerevers: ‘Riflette l’attuale insegnamento cattolico e non mostra alcun ulteriore sviluppo basato sulle attuali conoscenze scientifiche umane e sulle attuali esigenze pastorali’; ma ‘nonostante il rifiuto da parte di Roma, l’argomento delle benedizioni delle coppie dello stesso sesso non finirà qui’. Il vescovo di Mainz Peter Kohlgraf ha detto: ‘Prendo atto di quanti fedeli sono delusi e feriti, e assolutamente non solo le persone (omosessuali, ndr.) direttamente coinvolte’. Secondo il vescovo di Osnabrueck Franz-Josef Bode, ‘risposte così semplici, è stato dimostrato da tempo, non pongono fine alle domande, piuttosto le alimentano’.
Non sono solo i vescovi, ad ogni modo, a esprimere il loro dissenso. Sui social network due sacerdoti, Burkhard Hose e Bernd Moenkebuescher) hanno pubblicato una dichiarazione che in poche ore ha raccolto diverse centinaia di adesioni: ‘Alla luce del rifiuto della Congregazione per la Dottrina della Fede di benedire le unioni omosessuali, alziamo la voce e diciamo: continueremo ad accompagnare le persone che si impegnano in un’unione durevole e benediremo la loro relazione. Non ci rifiutiamo di celebrare una benedizione. Lo facciamo nella nostra responsabilità di pastori che promettono alle persone in momenti importanti della loro vita la benedizione che solo Dio dà. Rispettiamo e apprezziamo il loro amore e, inoltre, crediamo che la benedizione di Dio sia con loro. Gli argomenti e gli approfondimenti teologici sono sufficienti. Non accettiamo che una morale sessuale escludente e superata sia portata avanti sulle spalle delle persone e metta a repentaglio il nostro lavoro nella cura pastorale’. In Austria, i membri della Pfarrer Initiative, da sempre su posizioni riformiste, si dicono in una dichiarazione ‘profondamente turbati’ dalla nota vaticana: ‘Sembra di tornare indietro a tempi che speravamo fossero superati con Papa Francesco’. Ma ‘in futuro non rifiuteremo – in solidarietà con così tante persone – nessuna coppia di innamorati che chiederà di celebrare la benedizione di Dio, che sperimentano ogni giorno, anche con un servizio di culto’.
Nel mondo anglosassone, le posizioni sono le più variegate. Se il pronunciamento vaticano ha trovato il consenso di ampi settori del cattolicesimo statunitense, non sono mancate riserve, ad esempio da parte del gesuita James Martin, da sempre in prima linea per ‘costruire ponti’ con la comunità lgbt. Un pezzo da novanta dell`episcopato Usa, il cardinale Blaise Cupich di Chicago, ha pubblicato un commento ben calibrato: La risposta della Congregazione per la dottrina della fede ‘non offre nulla di nuovo sull’insegnamento della Chiesa in merito al sacramento del matrimonio. Indipendentemente da ciò, essa deve essere letta nel contesto degli insegnamenti del Catechismo e delle dichiarazioni incoraggianti di Papa Francesco verso le persone lgbtq sul loro rapporto con la Chiesa, così come la sua esortazione affinché i pastori le accolgono con rispetto e sensibilità, riconoscendo, come la risposta della Congregazione fa oggi, i tanti elementi positivi nelle relazioni tra persone dello stesso sesso, ‘che sono di per sé da valorizzare e apprezzare’. Tuttavia, la comprensibile reazione di molti a questa risposta – prosegue Cupich – sarà la delusione. Questo dovrebbe spingerci nella Chiesa e nell’arcidiocesi a raddoppiare i nostri sforzi per essere creativi e resilienti nel trovare modi per accogliere e incoraggiare tutte le persone lgbtq nella nostra famiglia di fede’.
Dall`altra parte del mondo, l`arcivescovo di Brisbane Mark Coleridge, presidente della conferenza episcopale australiana, ha posto su Twitter una questione: ‘Una Chiesa che non può ordinare le donne è però obbligata a domandarsi come possiamo includere le donne nella leadership’ una Chiesa che dice di non poter benedire le unioni omosessuali è però obbligata a domandarsi come possiamo includere meglio le coppie omosessuali’. In Irlanda, un sacerdote molto popolare, padre Brian D`Arcy si è detto ‘molto deluso’ dal pronunciamento vaticano: ‘Ho pensato che fosse piuttosto duro e in disaccordo con il modo in cui la Chiesa sta andando in questo momento. E` stato davvero un ritorno al passato’. E, ‘certo, la congregazione per la Dottrina della fede ha il ruolo di difendere la dottrina e il dogma fino in fondo. E sebbene ciò sia comprensibile, ora c’è una maggiore consapevolezza all’interno della Chiesa che questa non è l’unica missione della Chiesa’. Roma locuta, causa infinita. askanews