L’edizione 2023 del premio Nobel per la Pace è stata vinta dall’iraniana Narges Mohammadi “per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutti”. Mohammadi è una delle più celebri attiviste per i diritti delle donne e per i diritti umani in Iran, che ha partecipato tra le altre cose alle proteste cominciate l’anno scorso dopo la morte di Mahsa Amini. Attualmente è detenuta nel famigerato carcere di Evin a scontare una condanna a 10 anni con l’accusa di aver ”diffuso propaganda” contro il regime di Teheran. E proprio qui, nell’anniversario della morte di Mahsa, ha organizzato una protesta con altre detenute che, come lei, hanno bruciato i veli islamici. Con il ritorno al potere dei Talebani in Afghanistan e la nascita del movimento ‘Donna, vita, libertà’ in Iran dopo la morte di Mahsa Amini, hanno attirato l’attenzione sulle donne che lottano per i diritti in quei paesi e altrove.
Il 15 gennaio 2022, l’attivista è stata condannata a otto anni e due mesi di reclusione, due anni di esilio e 74 frustate. All’attivista sono state negate le cure mediche secondo quanto riporta Amnesty International, nonostante soffra di una malattia polmonare. Nel dicembre del 2022 ha denunciato, in una lettera pubblicata dalla BBC, le condizioni disumane delle carcere iraniane, specialmente per le detenute femminili. In particolare Mohammadi ha raccontato le torture subite da un’attivista che è stata legata mani e piedi a un gancio sul tettino del veicolo che l’ha portata in carcere ed è poi stata violentata a turno dagli agenti di sicurezza. “Mohammadi – spiega l’associazione con una nota – è una donna, una sostenitrice dei diritti umani e una combattente per la libertà. La sua coraggiosa lotta per la libertà di espressione e il diritto all’indipendenza ha comportato costi personali enormi. Complessivamente, il regime iraniano l’ha arrestata 13 volte, condannata cinque volte e condannata a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate”.
Secondo il testamento di Alfred Nobel, il premio per la Pce viene conferito a qualcuno che ha lavorato per la “fraternità” tra le nazioni, riducendo gli eserciti e tenendo congressi di pace. Nel corso degli anni si è ampliato coinvolgendo vari tipi di sostenitori della pace, dalle organizzazioni internazionali come il Programma alimentare mondiale ai medici che lavorano a sostegno delle vittime di stupro. Le motivazioni politiche del premio vengono sempre attentamente esaminate per vedere che tipo di messaggio il comitato sta inviando al mondo. Lo scorso anno, infatti, il Nobel per la pace è andato all’attivista per i diritti umani bielorusso Ales Bialiatski, all’associazione per i diritti umani russa Memorial e all’organizzazione per i diritti umani ucraina Centro per le libertà Civili. L’anno prima, il Nobel per la Pace è andato al direttore della Novaya Gazeta Dmitry Muratov, oltre che alla giornalista filippina Maria Ressa.
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The Norwegian Nobel Committee has decided to award the 2023 #NobelPeacePrize to Narges Mohammadi for her fight against the oppression of women in Iran and her fight to promote human rights and freedom for all.#NobelPrize pic.twitter.com/2fyzoYkHyf— The Nobel Prize (@NobelPrize) October 6, 2023