La discussione sulle nomine dei nuovi vertici delle istituzioni Ue al vertice dei capi di Stato e di governo di ieri, a Bruxelles, è terminata alle due di notte con un nulla di fatto. Il negoziato sulle nomine, quindi, continua, con la speranza di riuscire a risolverlo in un nuovo vertice Ue straordinario il 30 giugno. “Non c’è stata maggioranza su nessun candidato”, ha riferito il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk durante la breve conferenza stampa alla fine della riunione. “Il Consiglio europeo – ha aggiunto Tusk – ha convenuto sulla necessità di avere un pacchetto di nomine che rifletta la diversità dell’Ue. Ci incontreremo di nuovo il 30 giugno. Nel frattempo proseguirò le consultazioni, che includeranno anche il Parlamento europeo”.
In realtà, un risultato la discussione di ieri l’ha raggiunto: è stato chiaramente abbandonato il principio, che il Parlamento europeo voleva imporre, degli “Spitzenkandidat”, i “candidati capilista” espressi dai partiti europei. La forte contrarietà del presidente francese Emmanuel Macron e di buona parte degli altri leader non è stata l’unica causa di questo risultato: la cristallizzazione dei tre partiti europei principali (Popolari, Socialisti e Liberali) nel sostengo ciascuno al proprio candidato capolista ha impedito un fronte unito a favore di un solo candidato, e anche l’elaborazione di un programma strategico comune per il mandato della prossima Commissione. I tre “Spitzenkandidat” hanno finito così con l’elidersi reciprocamente in un gioco di veti incrociati.
“C’è stata – ha spiegato il premier italiano Giuseppe Conte parlando ad alcuni giornalisti nel suo albergo dopo la riunione – una certa impulsività nell’affrontare da parte di alcuni, non faccio i nomi, questo tema delle nomine. E queste reazioni un po’ impulsive hanno condotto a far saltare il criterio degli ‘Spitzenkandidat’. E’ chiaro che nel momento stesso in cui, anziché giocare con un certo fair play, dici brutalmente: no questo no, gli altri dicono: no, neppure il tuo va bene”. “Adesso il problema è che siccome questo criterio è stato indicato, è quello preferito dal Parlamento europeo, bisogna andarci cauti. Quindi noi non siamo passati ancora a un criterio alternativo”. E siccome il Parlamento dovrà votare a maggioranza assoluta il presidente designato della Commissione, “abbiamo dato mandato a Tusk di ritornare a parlare con i rappresentanti del Parlamento per superare questa situazione”, ha riferito Conte.
Una volta bruciati gli “Spitzenkandidat”, insomma, non si poteva passare subito a votare altri su candidati proposti dall’interno del Consiglio europeo. “Se lo avessimo fatto stasera brutalmente, in quel momento, avremmo rischiato di ritrovarci a mal partito con il Parlamento europeo”, e di “non avere più la maggioranza” degli eurodeputati per eleggere il candidato designato. “Aver superato il criterio degli ‘Spitzenkandidat’, il criterio della mera appartenenza a una famiglia, a una affiliazione politica – ha proseguito il presidente del Consiglio italiano -, è quello che francamente mi auguravo anch’io; anche se io non ero stato impulsivo, non mi ero esposto a bruciare quel criterio.
Però sicuramente questa, ora, è una prospettiva migliore anche per gli interessi nostri”.
E’ arrivato il momento, ha proseguito il premier, “in cui valuteremo le personalità, perché abbiamo bisogno di una persona che abbia una visione politica, che riesca a cogliere il segno dei tempi, a esserne interprete: deve capire anche le criticità che ha questa casa comune. E non qualcuno che sia lì appollaiato solo perché risponde alla logica della famiglia politica, perché è espressione di una affiliazione”. Per Conte, dovrà essere “una forte personalità, un candidato autorevole, che abbia visione politica, strategia, prospettiva, uno che capisca di che cosa parlavo” nella Lettera all’Europa, che comprenda “di che cosa ha bisogno l’Europa”.
Oltretutto, in questa partita l’Italia ha un ruolo importante, perché il suo peso nella decisione finale è tale da poter abbastanza facilmente bloccare una candidatura non gradita. “Ricordate – ha spiegato Conte – che il Regno Unito si deve astenere perché non può partecipare alla votazione”. Questo rende più facile formare una minoranza di blocco. “La maggioranza qualificata consiste in 21 paesi che devono rappresentare il 65% della popolazione. Quindi – ha concluso il premier – col Regno Unito che si astiene, se l’Italia si oppone, basta un altro paese e non si fa nulla”. askanews