Pa non paga, aziende soffrono per 46 mld

Pa non paga, aziende soffrono per 46 mld
21 maggio 2017

Secondo un`elaborazione realizzata dall`Ufficio studi della Cgia, tra gli acquisti di beni e servizi e gli investimenti fissi lordi, nel 2016 la Pubblica amministrazione (Pa) italiana ha fatturato ai propri fornitori e alle imprese appaltatrici 160 miliardi di euro. In totale assenza di dati ufficiali, gli artigiani mestrini stimano che di quest`ultimo importo, una “fetta” che oscilla tra un valore minimo di 32 fino a un massimo di 46 miliardi non sono stati saldati a causa dei ritardi dei pagamenti e delle prassi inique praticate dai committenti pubblici ai propri fornitori. Come è stato calcolato questo importo? Spiega la Cgia. Suddividendo in via puramente teorica i 160 miliardi di euro nell`arco dell`anno e “pesandoli” su 12 mensilità nel caso delle Pa che pagano a 30 giorni e in 6 mensilità per quelle che invece saldano a 60 giorni ( come la sanità), si ottiene la cifra di 19 miliardi di debiti fisiologici che non vengono onorati nell`arco dell`anno perché non sono ancora scaduti i termini di pagamento previsti dalla legge. In realtà, lo stock da onorare è molto superiore. Secondo l`Istat l`importo – riferito solo ai debiti di parte corrente che l`istituto ha notificato alla Commissione europea per l`anno 2016 – è di 51 miliardi di euro; la Banca d`Italia, invece, stima un importo pari a 65 miliardi di euro (anno 2015).

Di conseguenza, l`ammontare dei debiti per i ritardi di pagamento che la Pa dovrebbe saldare oscilla, secondo una nostra stima tra un valore minimo di 32 miliardi (dato dalla differenza tra 51 e 19) e un valore massimo di 46 miliardi (importo risultante dalla differenza tra 65 e 19). “I debiti della Pa hanno ormai assunto una dimensione surreale – precisa il coordinatore dell`Ufficio studi Cgia, Paolo Zabeo – da due anni, infatti, le imprese che lavorano per l`Amministrazione pubblica hanno l`obbligo di emettere la fattura elettronica, altrimenti non possono essere liquidate. Nella fase di ingresso, questo documento informatico transita in una piattaforma controllata dal Ministero dell`Economia e delle Finanze che lo smista all`ente o alla struttura pubblica a cui è indirizzata che, a sua volta, verifica se il pagamento è certo, liquido ed esigibile. Una volta che il destinatario della fattura dà l`ok, il saldo dovrebbe transitare per la piattaforma, consentendo al dicastero dell`economia di monitorare in tempo reale i tempi di pagamento e l`ammontare delle uscite. Dopo 2 anni, invece, lo Stato non conosce ancora a quanto ammonta complessivamente il debito contratto con i propri fornitori, per il semplice fatto che una buona parte dei committenti pubblici, in particolar modo quelli periferici, effettuano i pagamenti senza transitare per la piattaforma e con scadenze ben oltre quelle stabilite per legge. Una vicenda che ha dell`incredibile”.

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Perché la Pa non paga? Secondo la Cgia le principali cause che hanno dato origine a questo malcostume tutto italiano sono le seguenti: la mancanza di liquidità del committente pubblico; i ritardi intenzionali; l`inefficienza di molte amministrazioni a emettere in tempi ragionevolmente brevi i certificati di pagamento;le contestazioni. A queste ragioni ne vanno aggiunte almeno altre due che, tra le altre cose, hanno indotto la Commissione europea a far scattare l`avvio della procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese. Esse sono: la richiesta da parte della Pa di ritardare l`emissione degli stati di avanzamento dei lavori o l`invio delle fatture; l`istanza al fornitore di accettare, durante la stipula del contratto, tempi di pagamento superiori ai limiti previsti per legge senza l`applicazione degli interessi di mora in caso di ritardo. Con lo split payment – sempre secondo la Cgia – la situazione è peggiorata. Dall`inizio del 2015 ha fatto il suo “debutto” lo split payment. Questa novità obbliga le amministrazioni centrali dello Stato (e dal prossimo 1° luglio anche le aziende pubbliche controllate dallo stesso) a trattenere l`Iva delle fatture ricevute e a versarla direttamente all`erario. L`obbiettivo di questa misura è stato quello di contrastare l`evasione fiscale, ovvero, evitare che una volta incassata dal committente pubblico, l`azienda fornitrice non la versi al fisco. Il meccanismo, sicuramente efficace nell`impedire che l`imprenditore disonesto non versi l`Iva all`erario, ha però provocato molti problemi finanziari a tutti coloro che con l`evasione, invece, nulla hanno a che fare. Vale a dire la quasi totalità delle imprese.

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