Non è solo una partita per l’Europa, il voto di domenica in Italia. Conteranno le percentuali, ma conterà forse ancor di più, il distacco tra M5s e Lega nello scontro tutto interno al governo che si aprirà a spoglio ultimato. “Non escludo che la Lega stia affrontando le elezioni europee per sfiduciare Conte”, ripete da giorni il vice premier pentastellato, Luigi Di Maio. La minaccia è uscita qualche settimana fa dal cilindro del numero due di via Bellerio, Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, acuto e navigato politico.
Di certo, se Salvini riuscirà a mettere un ampio margine, di sei-sette punti, tra sé e il suo socio Di Maio, andrà all’incasso. E Di Maio lo sa. E avverte: “Se vogliamo parlare di poltrone si è sbagliato Movimento. Dico alla Lega di parlare meno di poltrone e di pensare più al Paese”. Un fatto è certo, lo stesso premier Conte non può rimuovere i ministri, perciò se si volesse, ad esempio, sostituire un tecnico come Giovanni Tria con un politico, magari leghista, si dovrebbe sfiduciarlo e convincere il ministro dell’Economia a dimettersi, senza contare che servirebbe la firma del presidente della Repubblica. Ancor più complicata, a norma di prassi e procedure costituzionali, sarebbe la sostituzione dell’avvocato pugliese.
In ogni caso, al di là della poltrone, ad essere in gioco dopo il 26 maggio, sarà soprattutto la prosecuzione dell’esecutivo giallo-verde. A partire dall’agenda del governo, da un aggiornamento del “contratto”, oltre che dalle regole d’ingaggio. Perché, come si continua a ripetere nel Carroccio, “siamo tutti d’accordo con Giorgetti quando dice che così non si può andare avanti”. Nel merito, il primo punto all’ordine del giorno è quello dell’economia. “Serve una sferzata”, il ‘mantra’ del vicepremier leghista. Ovvero flat tax subito. Poi c’è il tema dell’autonomia, quello della sicurezza ed occorre rompere gli indugi sulle grandi opere (leggi niente più barricate sulla Tav). Ma soprattutto – dicono i big del partito di via Bellerio – basta con il giustizialismo.
Perché il 30 maggio si saprà la sentenza sul caso delle ‘spese pazze’ in Liguria che coinvolge Edoardo Rixi, sottosegretario ai Trasporti. E Rixi – si fa notare ancora in via Bellerio – non è Siri, non si potrà chiedere la sua testa senza non subirne poi le conseguenze. Questa è l’aria che tira, nonostante le rassicurazioni del vicepremier leghista (“il governo andrà’ avanti in ogni caso”) -. Di Maio già da tempo sente puzza di bruciato. Non a caso a meno di ventiquattr’ore fa, il vice premier pentastellato, si è lasciato andare ad una frase che non necessita d’interpretazioni: “la Lega sta chiedendo il voto per dire ‘vogliamo più forza per buttare giù questo governo’”. La sfida del M5S, si sa, sarà ai confini dell’impossibile perché la Lega, sebbene a livelli inferiori rispetto a qualche tempo, viaggia decisa verso il primato. Ed ecco perché il voto di domenica non è solo una partita per l’Europa.