Nostalgia comunista, rinasce il vecchio Pci. Dopo 25 anni ritorna lo storico simbolo

DOCUMENTO CONGRESSUALE “C’è bisogno di comunismo, c’è bisogno delle comuniste e dei comunisti. Il capitalismo mostra, senza veli, il suo volto distruttivo”

Partito_Comunista_Italiano_-_Walter_Veltroni_+_Achille_Occhetto

bologninaQualcuno era comunista… E qualcuno lo è ancora. Tant’è che a distanza di oltre venticinque anni dallo scioglimento del Partico comunista italiano, lo storico simbolo del Pci tornerà a esistere. Fra trenta giorni ci sarà ancora un Pci in cui militare e da votare sulle schede. Certo, non si tratterà di “quel” Partito comunista, quello di Togliatti e Berlinguer per capirci, ma di un soggetto giuridico completamente nuovo che vderà la luce a pochi chilometri da quella Bolognina in cui tutto ebbe fine. Il nuovo partito nascerà “dall’Appello – così si legge nel preambolo allo statuto del nascente partito – dell’Associazione per la ricostruzione del Partito comunista, dallo scioglimento e dall’adesione al progetto del Partito comunista d’Italia e dalla confluenza e adesione di comuniste e comunisti del Prc e di tante e tanti – donne e uomini, ragazze e ragazzi – che avevano abbandonato la politica attiva o che vi aderiscono per la prima volta”. A darne notizia è il sito www.isimbolidelladiscordia.it di Gabriele Maestri, che riporta i dettagli dell’operazione, con tanto di documento congressuale Ricostruiamo il partito comunista: “C’è bisogno di comunismo, c’è bisogno delle comuniste e dei comunisti, c’è bisogno di Partito comunista. Cadute presto le promesse di benessere e democrazia della narrazione borghese del 1989, il capitalismo mostra, senza veli, il suo volto distruttivo. Un pugno di ricchi, che gestisce lo sfruttamento di enormi masse umane e dell’ambiente, è disposto – pur di non cedere, neppure parzialmente, potere e privilegi insopportabili – a provocare una guerra generalizzata e a correre il rischio di desertificare il pianeta. Per non rassegnarsi a queste prospettive terribili e per costruire il futuro è necessaria l’idea generale di un modo diverso di vivere e produrre. Il socialismo, cioè la proprietà e il controllo sociale dei mezzi di produzione, di scambio, d’informazione e delle risorse essenziali per la vita umana, è un tema attuale e decisivo. Il comunismo come liberazione integrale e sviluppo onnilaterale delle donne e degli uomini, si conferma un obiettivo storico di cui si accumulano potenzialmente le condizioni materiali e intellettuali che il dominio capitalistico tende ad asservire ai propri meccanismi o a dissipare”.

Alla faccia di chi dice che i comunisti non esistono più. Magari non nel Pd di Matteo Renzi, una Ditta che non è più “la” Ditta e in cui i vari Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo e Roberto Speranza faticano a sentirsi a casa. Perché la socialdemocrazia di stampo europeo è una cosa, il Pd che scimmiotta il New Labour di Tony Blair altra cosa e il comunismo cosa ben diversa ancora. La costituente comunista è stata fissata dal 24 al 26 giugno e si svolgerà al circolo Arci di San Lazzaro di Savena, luogo sacro ai fan di Francesco Guccini. La scelta della location non è causuale: via Tibaldi a Bologna dista appena un quarto d’ora di macchina. È lì, alla Bolognina, che il 12 novembre 1989 Achille Occhetto (foto home, con Walter Veltroni) gettò la spugna, annunciando la svolta che avrebbe portato al congresso di Rimini, il XX e ultimo di un Pci archiviato dopo la caduta del Muro di Berlino e all’alba della crisi dell’Unione Sovietica. A Bologna finisce il Pci e da Bologna risorgerà dalle ceneri, con uno slogan che è tutto un programma “Un futuro grande come una storia. La nostra”. Roba da far invidia anche ai più irriducibili nostalgici della Balena Bianca e agli orfani craxiani divisi nei mille rivoli del socialismo italiano. Un partito che nasce però ha bisogno di un simbolo, anzi di “quel simbolo”, la cui grafica è molto simile a quella originale.

Due le modifiche rispetto allo storico logo disegnato dall’artista Renato Guttuso: le aste delle due bandiere sono nere e non bianche; la bandiera in primo piano ha il contorno bianco più marcato, come già aveva fatto a suo tempo il Pdci. Secondariamente, la vecchia sigla puntata lascia il posto all’acronimo senza punti, con una font meno pesante e più moderna. Piccole modifiche per dare il senso di un rinnovamento nella continuità. Nessuna operazione-nostalgia, almeno nelle premesse, ma un progetto politico vero e proprio. Il web comunque resta scettico, con tanti militanti che protestano: “Il nome e il simbolo del Pci non si toccano”. E ancora: “Ma davvero pensano di essere all’altezza di Berlinguer, Natta e Ingrao? Fermiamoli!”. Sarebbe interessante poi sapere cosa pensa Ugo Sposetti, ultimo legale rappresentante dei Ds, eredi del patrimonio del Pci, sull’uso del simbolo del fu Partito comunista italiano. Il gruppo di chi sta promuovendo la rinascita del Pci è però tranquillo, tant’è che a Roma si è tenuta l’assemblea costituente locale, che alle prossime amministrative sosterrà Stefano Fassina, candidato sindaco di Sel-Sinistra Italiana. Fatto anche questo curioso: un candidato sindaco sotto la bandiera (e il simbolo) del Pci nella Capitale c’è ed è Alessandro Mustillo.