Alla faccia di chi dice che i comunisti non esistono più. Magari non nel Pd di Matteo Renzi, una Ditta che non è più “la” Ditta e in cui i vari Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo e Roberto Speranza faticano a sentirsi a casa. Perché la socialdemocrazia di stampo europeo è una cosa, il Pd che scimmiotta il New Labour di Tony Blair altra cosa e il comunismo cosa ben diversa ancora. La costituente comunista è stata fissata dal 24 al 26 giugno e si svolgerà al circolo Arci di San Lazzaro di Savena, luogo sacro ai fan di Francesco Guccini. La scelta della location non è causuale: via Tibaldi a Bologna dista appena un quarto d’ora di macchina. È lì, alla Bolognina, che il 12 novembre 1989 Achille Occhetto (foto home, con Walter Veltroni) gettò la spugna, annunciando la svolta che avrebbe portato al congresso di Rimini, il XX e ultimo di un Pci archiviato dopo la caduta del Muro di Berlino e all’alba della crisi dell’Unione Sovietica. A Bologna finisce il Pci e da Bologna risorgerà dalle ceneri, con uno slogan che è tutto un programma “Un futuro grande come una storia. La nostra”. Roba da far invidia anche ai più irriducibili nostalgici della Balena Bianca e agli orfani craxiani divisi nei mille rivoli del socialismo italiano. Un partito che nasce però ha bisogno di un simbolo, anzi di “quel simbolo”, la cui grafica è molto simile a quella originale.
Due le modifiche rispetto allo storico logo disegnato dall’artista Renato Guttuso: le aste delle due bandiere sono nere e non bianche; la bandiera in primo piano ha il contorno bianco più marcato, come già aveva fatto a suo tempo il Pdci. Secondariamente, la vecchia sigla puntata lascia il posto all’acronimo senza punti, con una font meno pesante e più moderna. Piccole modifiche per dare il senso di un rinnovamento nella continuità. Nessuna operazione-nostalgia, almeno nelle premesse, ma un progetto politico vero e proprio. Il web comunque resta scettico, con tanti militanti che protestano: “Il nome e il simbolo del Pci non si toccano”. E ancora: “Ma davvero pensano di essere all’altezza di Berlinguer, Natta e Ingrao? Fermiamoli!”. Sarebbe interessante poi sapere cosa pensa Ugo Sposetti, ultimo legale rappresentante dei Ds, eredi del patrimonio del Pci, sull’uso del simbolo del fu Partito comunista italiano. Il gruppo di chi sta promuovendo la rinascita del Pci è però tranquillo, tant’è che a Roma si è tenuta l’assemblea costituente locale, che alle prossime amministrative sosterrà Stefano Fassina, candidato sindaco di Sel-Sinistra Italiana. Fatto anche questo curioso: un candidato sindaco sotto la bandiera (e il simbolo) del Pci nella Capitale c’è ed è Alessandro Mustillo.