Anche solo il tentativo di bloccare l’accordo, però, potrebbe indurre l’Iran e le altre nazioni a mettere in dubbio l’impegno degli Stati Uniti, indebolendo al tempo stesso il lavoro di Kerry e dei negoziatori statunitensi. Al momento, l’opposizione in Congresso nei confronti dell’accordo che appare vicino è determinata anche dal sostegno a Israele, che ha più volte severamente criticato l’intesa tra le sei potenze mondiali (Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Cina, Francia e Germania) e l’Iran, chiedendo al Congresso statunitense di bloccarla. Lo speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, dopo l’approvazione del disegno di legge, aveva commentato: “Gli americani sono preoccupati e gli alleati degli americani sono preoccupati che la Casa Bianca faccia qualsiasi cosa per ottenere” un accordo con l’Iran.
“Quindi i miei colleghi e io abbiamo un obiettivo: fermare un accordo cattivo. La legge bipartisan approvata è l’unica opportunità che ha il Congresso”.
A temere che l’amministrazione Obama concluda frettolosamente un accordo sono anche cinque ex consiglieri del presidente, che in una lettera aperta hanno espresso preoccupazione sulla possibilità che l’accordo nucleare con l’Iran “possa non essere all’altezza degli standard fissati dall’amministrazione per un ‘buon’ accordo”. A preoccupare è che i negoziatori di Obama stiano facendo troppe concessioni a Teheran, indebolendo le ispezioni internazionali alle strutture iraniane, rinunciando all’obbligo per l’Iran di rivelare le sue presunte attività passate sulle armi nucleari e permettendo alla Repubblica islamica di riprendere un’intensa produzione di combustibile nucleare alla scadenza dell’intesa. Più che per i contenuti, la lettera colpisce per i firmatari: David Petraeus, ex direttore della Cia ed ex comandante delle operazioni militari in Iraq e Afghanistan; Dennis Ross, negoziatore per il Medio Oriente durante il primo mandato di Obama; Robert Einhorn, a lungo al dipartimento di Stato come esperto di proliferazione nucleare; infine Gary Samore, ex consigliere capo sulle politiche nucleari, e il generale James Cartwright, ex vicecapo dello Stato maggiore congiunto.