Il governo che sulla carta avrebbe più voti sarebbe quello di tutto il centrodestra con il M5s. Alla Camera potrebbe contare su 492 seggi (262 Cdx, 227 M5s), ben 176 voti in più rispetto alla maggioranza richiesta. Una maggioranza ampia che potrebbe anche perdere qualche voto in caso di dissensi, tradimenti e voltagabbana. Un’alleanza bollata da Silvio Berlusconi come “ircocervo” qualche giorno fa, ma che invece continua a prendere corpo giorno dopo giorno. Gli affondi del M5s sul centrodestra e soprattutto sul leader di Forza Italia, sembrano più soft. Il democristiano Luigi Di Maio, sembra voler sottolineare di più i punti in comune sul programma con la coalizione Berlusconi-Meloni-Salvini che non quelli di rottura. Un fatto è certo, i Cinquestelle vogliono un governo. E non certo per dopo un anno tornare alle urne. Cosa che non vogliono neanche gli italiani. Il capo politico pentastellato, fino a oggi, non ha fatto alcun passo indietro sulla rinuncia a premier. Tuttavia, il giovane aspirante presidente del Consiglio, è consapevole che se continua a tirare la corda rischia di spezzarla e finire a terra. Fatto che segnerebbe una sua sconfitta.
Una tal mossa, non verrebbe accettata dagli italiani che vogliono un governo per il bene del Paese. Quindi, in estremis, Di Maio getterebbe la spugna, aprendo la strada a una figura terza rispetto ai due schieramenti. Tra le tante voci, si fa spazio la figura di Carlo Cottarelli, ex commissario alla spending review. E in alcuni ambienti anche quella di Franco Frattini, già ministro degli Esteri. In alternativa, se non si dovesse trovare una quadra su una personalità di peso esterna all’attuale quadro politico, Sergio Mattarella non potrebbe fare altro che ricercare nelle istituzioni una personalità che possa tentare – con un mandato esplorativo – di formare una maggioranza parlamentare. Di Maio ha tutto il diritto di rivendicare il governo, il M5s è stato il partito più votato. Matteo Salvini, si è dimostrato un abile tattico nella partita dei presidenti delle Camere, ma la sua capacità di manovra comincia dove finisce quella di Silvio Berlusconi. In altri termini, il leader leghista può sì rappresentare il centrodestra, ma diversamente da Di Maio non può agire da solo. E questo potrebbe essere un ostacolo quando si tratterà di salire al Quirinale a conferire con il presidente della Repubblica per le consultazioni.