Nuove prospettive per la cura dell’emofilia tipo A con inibitori

25 dicembre 2018

Una nuova prospettiva nella cura della forma più grave di emofilia, quella di tipo A con inibitori. E’ disponibile ora in Italia emicizumab, il primo anticorpo monoclonale umanizzato bispecifico, che consente di ridurre drasticamente i sanguinamenti e offrire una nuova terapia a persone per le quali le terapie esistenti erano invasive, poco efficaci e la loro vita molto difficile. Giancarlo Castaman, direttore del Centro malattie emorragiche e della coagulazione dell’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze.

“Alcuni di questi pazienti – ha detto ad askanews riferendosi alle persone affette da emofilia di tipo A con inibitori – per di più sviluppano un anticorpo che impedisce alla terapia tradizionale endovenosa di funzionare, quindi hanno bisogno di questi farmaci alternativi che superino questi anticorpi e che ripristino la coagulazione. Questo farmaco ha due aspetti innovativi: per prima cosa la somministrazione sottocutanea, una volta la settimana e ha una vita lunga in circolo, fino a quattro settimane. In secondo luogo è in grado di sfuggire all’azione inibitoria che ha questo anticorpo”.

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Il farmaco è prodotto da Roche con il nome commerciale di Hemlibra e la casa farmaceutica, per bocca del direttore medico per l’Italia, Anna Maria Porrini, nel corso della presentazione nell’Unicredit Pavilion a Milano, ha espresso grande soddisfazione per il risultato ottenuto. “Siamo molto contenti del riconoscimento di innovatività da parte dell’Agenzia italiana del Farmaco – ci ha detto – che nel momento in cui riconosce l’innovatività di una molecola pesa due aspetti importanti: il bisogno terapeutico ancora insoddisfatto nel trattamento della patologia e il beneficio terapeutico aggiuntivo che il nuovo farmaco porta e questo riconoscimento è per noi il coronamento di un sogno, di tanto impegno in ricerca nelle malattie rare e siamo particolarmente contenti e orgogliosi”.

L’aspetto più rilevante del nuovo farmaco riguarda il grande miglioramento che può portare alla vita quotidiana dei pazienti. Come ci ha ricordato anche Cristina Cassone, presidente di FedEmo. “Si tratta di pazienti – ha spiegato – che finora non avevano le stesse possibilità di cura dei pazienti senza inibitori. Per la prima volta si presta attenzione a loro e si presta attenzione in modo completamente diverso sia per quanto riguarda la gestione della patologia sia proprio il concetto di cura. Non si parla più di terapia sostitutiva e si parla di una via di somministrazione che è certamente molto più facile rispetto alla terapia endovenosa”. E anche se si tratta per l’Italia di una nuova terapia, si parte su una base di ricerche e risultati diffusi a livello internazionale sulle principali testate mediche.

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