Libano, nuovo attacco israeliano a postazione Unifil. Usa minacciano embargo sulle armi

Libano, nuovo attacco israeliano a postazione Unifil. Usa minacciano embargo sulle armi
17 ottobre 2024

Nuovo attacco a postazione Unifil. La stessa Forza di interposizione delle Nazioni Unite in Libano ha denunciato un grave episodio lungo il confine tra Libano e Israele. Un carro armato Merkava delle Forze di Difesa Israeliane (Idf) ha aperto il fuoco su una postazione di peacekeeper nel settore spagnolo della missione, situata nelle vicinanze di Kafer Kela, a sud del Libano. L’attacco ha causato danni significativi alla struttura della torre di guardia e la distruzione di due telecamere di sorveglianza installate per monitorare la zona.

“Questa mattina, i peacekeeper in una posizione vicino a Kafer Kela hanno osservato un carro armato Merkava dell’Idf sparare alla loro torre di guardia. Due telecamere sono state distrutte e la torre è stata danneggiata”, ha dichiarato Unifil in una nota ufficiale, esprimendo preoccupazione per la sicurezza dei propri uomini. “Ancora una volta vediamo fuoco diretto e apparentemente deliberato su una posizione Unifil”, ha aggiunto l’organizzazione, denunciando la gravità dell’episodio.

Unifil ha voluto ricordare alle Forze di Difesa Israeliane, e più in generale a tutti gli attori coinvolti, il loro obbligo di rispettare il mandato delle Nazioni Unite e di garantire la sicurezza del personale e delle proprietà dell’Onu. “Ricordiamo all’Idf e a tutti gli attori il loro obbligo di garantire la sicurezza e la protezione del personale e delle proprietà delle Nazioni Unite e di rispettare l’inviolabilità dei locali delle Nazioni Unite in ogni momento”, ha concluso il comunicato. Il ruolo di Unifil, in base alla risoluzione Onu 1701, è quello di mantenere la stabilità nella regione e prevenire l’escalation di conflitti, una missione particolarmente delicata vista la storica tensione lungo il confine israelo-libanese.

Netanyahu: “Hezbollah usa le postazioni Unifil per attaccarci”

In risposta alle accuse di Unifil, il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha rilasciato un’intervista al quotidiano francese Le Figaro, cercando di contestualizzare l’incidente e di ridurre la portata delle accuse. “Non abbiamo assolutamente nulla contro l’Unifil”, ha affermato il premier, minimizzando l’attacco come un possibile errore tattico. Tuttavia, Netanyahu ha sollevato una preoccupazione di lungo corso per Israele, ribadendo che Hezbollah, la milizia sciita libanese supportata dall’Iran, sfrutterebbe spesso le postazioni Unifil come copertura per i propri attacchi contro Israele. “È vero che Hezbollah si nasconde spesso dietro postazioni Unifil per lanciare missili contro di noi”, ha spiegato Netanyahu.

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Il premier israeliano ha poi colto l’occasione per criticare la gestione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, approvata nel 2006 per porre fine alla guerra tra Israele e Hezbollah. Secondo Netanyahu, Hezbollah ha continuato a rafforzarsi negli ultimi anni, costruendo tunnel e accumulando armamenti, nonostante la presenza dell’Unifil. “Dal 2006, la risoluzione 1701 non è stata implementata. Hezbollah ha scavato centinaia di tunnel e nascondigli, dove abbiamo appena trovato una quantità di armamenti russi di ultima generazione”, ha denunciato. Il premier ha concluso con una stoccata all’inefficacia di Unifil nel fermare i missili di Hezbollah: “In quasi vent’anni, quanti missili di Hezbollah ha fermato l’Unifil? Zero!”.

L’uso di scudi umani

Parallelamente alle tensioni sul confine tra Libano e Israele, una nuova controversia ha travolto Israele, con potenziali ripercussioni a livello internazionale. Secondo un’inchiesta pubblicata dal New York Times, le Forze di Difesa Israeliane sono accusate di aver utilizzato civili palestinesi come scudi umani durante l’offensiva contro Hamas a Gaza. Il rapporto sostiene che almeno 11 squadre militari israeliane, operanti in cinque diverse aree di Gaza, avrebbero costretto civili palestinesi a svolgere compiti pericolosi, come la ricerca di esplosivi o l’esplorazione di tunnel, per proteggere i soldati israeliani da possibili attacchi.

Un adolescente palestinese di 17 anni, intervistato dal quotidiano, ha raccontato che i soldati israeliani lo hanno separato dalla sua famiglia e lo hanno costretto, con le mani ammanettate, a camminare davanti a loro per verificare la presenza di ordigni esplosivi. Il giovane è stato successivamente rilasciato senza alcuna accusa, ma la sua testimonianza ha scatenato forti reazioni a livello internazionale. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha espresso la sua profonda preoccupazione riguardo a queste pratiche. Matthew Miller, portavoce del Dipartimento, ha definito il rapporto “incredibilmente inquietante” e ha chiesto alle autorità israeliane di condurre un’indagine approfondita. “Se i fatti presentati nel rapporto sono veri, sono assolutamente inaccettabili”, ha dichiarato Miller.

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“Non ci può essere alcuna giustificazione per l’uso di civili come scudi umani. Sarebbe una violazione non solo del diritto umanitario internazionale, ma anche del codice di condotta dell’Idf”. Miller ha inoltre sottolineato che, oltre a indagare, le autorità israeliane devono prendere provvedimenti concreti per assicurare che simili pratiche non si ripetano in futuro. “Se si trovano violazioni, le persone devono essere ritenute responsabili e si devono prendere provvedimenti per garantire che queste pratiche non si ripetano”, ha aggiunto il portavoce.

Pressioni Usa su Israele: rischio embargo alle armi

A peggiorare ulteriormente il quadro delle relazioni tra Stati Uniti e Israele, è giunta la notizia di un possibile embargo sui trasferimenti di armi americane a Israele, qualora il governo israeliano non implementi misure concrete per facilitare l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. La pressione da parte degli Stati Uniti è culminata in una lettera ufficiale firmata dal segretario di Stato Antony Blinken e dal segretario della Difesa Lloyd Austin, inviata domenica scorsa ai ministri israeliani Yoav Gallant e Ron Dermer.

Nella lettera, gli Stati Uniti hanno espresso profonda preoccupazione per il “deterioramento della situazione umanitaria a Gaza nelle ultime settimane” e hanno dato a Israele un ultimatum di 30 giorni per garantire un significativo miglioramento nell’accesso degli aiuti umanitari. Blinken e Austin hanno chiesto l’accesso a Gaza di almeno 350 camion di aiuti al giorno attraverso tutti e quattro i valichi attualmente disponibili, nonché l’apertura di un quinto valico per facilitare ulteriormente l’ingresso di rifornimenti. Inoltre, è stata richiesta l’attuazione di pause umanitarie estese in tutta la Striscia per consentire agli operatori di distribuire gli aiuti necessari alla popolazione civile. Se le richieste non saranno soddisfatte, gli Stati Uniti potrebbero bloccare i trasferimenti di armi, una misura senza precedenti nei rapporti con il loro alleato israeliano.

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“La mancata attuazione di queste misure potrebbe avere conseguenze sulla politica degli Stati Uniti”, hanno avvertito Blinken e Austin nella loro missiva. La Casa Bianca ha ribadito la propria posizione, con la portavoce Karine Jean-Pierre che ha ricordato che un’iniziativa simile lo scorso aprile aveva ottenuto una risposta costruttiva da parte del governo israeliano. Tuttavia, il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller ha chiarito che non ci sarà un cambiamento immediato, ma che si darà alle autorità israeliane un “tempo appropriato” per implementare le modifiche richieste. “Stiamo chiarendo al governo israeliano che questi sono cambiamenti che devono essere fatti”, ha concluso Miller, sottolineando che le pressioni statunitensi mirano a garantire che la crisi umanitaria a Gaza non peggiori ulteriormente.

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