Nuovo patto Renzi-Fi regge, Italicum 2.0 in aula dal 7 gennaio

di Giovanni Tortolo

Il patto palazzo Chigi-Forza Italia sui tempi di approvazione parlamentare della nuova riforma elettorale regge alla prima prova del Senato. L’Italicum 2.0, versione riveduta e corretta da Renzi e Berlusconi del testo approvato la prima volta da palazzo Madama dieci mesi fa, è stato incardinato, senza esame in commissione, della montagna di emendementi  all’alba di ieri nell’aula al Senato (con 3 minuti di relazione della relatrice Anna Finocchiaro), subito dopo le oltre 22 ore di maratona notturna sulla legge di stabilità. Un escamotage procedurale deciso dai gruppi di maggioranza e Forza Italia, assecondati dal presidente Pietro Grasso, in una conferenza dei capigruppi svoltasi alle prime luci dell’alba del sabato natalizio pre festivo che ha fatto insorgere le altre opposizioni. E che però consentirà all’Italicum di essere ora con certezza il primo punto all’ordine del giorno dell’assemblea del Senato, alla ripresa dei lavori il 7 Gennaio.

“Ringrazio per il lavoro di questa notte Sergio Zavoli e tutti i senatori. Stabilità e riforme. Tutti insieme #italiariparte”, ha cinguettato soddisfatta su Twitter la ministra per le Riforme Maria Elena Boschi. “Io stesso che ne ero stato l’autore – ha di contro tuonato dal fronte opposizioni il vicepresidente leghista del Senato Roberto Calderoli, firmatario di oltre 16 mila emendamenti all’Italicum- avevo definito la mia legge elettorale un Porcellum. Ma questa legge che la vorrebbe sostituire è peggio: un Pagliacellum. Mandare avanti senza esame parlamentare e confronto una legge elettorale che mantiene in vita un Parlamento di nominati è quanto di peggio si possa fare al Paese e alla democrazia. Spero che non saremo tanto stupidi da andare fino in fondo per far finta di correre con questo madornale e imperdonabile affronto”.

Sia come sia, adesso dal 7 gennaio l’Italicum sarà in aula al Senato, con l’obbiettivo dichiarato da Renzi di giungere all’ok di palazzo Madama entro fine gennaio, ovvero prima dell’elezione del nuovo Capo dello Stato che, calendario alla mano, non potrà iniziare prima di febbraio. Centrarlo è ora possibile ma di certo non per questo scontato. M5S-Lega-Sel (e minoranze interne Pd e Fi) sono pronte a dare in aula battaglia con ogni mezzo, ostruzionismo compreso. Tanto più legittimate dal mancato esame in commissione. E Berlusconi ha consentito la forzatura pre festiva sui tempi chiedendo in cambio dell’ok alla clausola di salvaguardia che sposta comunque al 2016 l’entrata in vigore della nuova legge che va ancora consacrata dal voto parlamentare. Due variabili che solo a gennaio sarà possibile verificare. E non insensibili alla stessa partita che si è aperta sul futuro inquilino del Colle.

“L’Italiucm al Senato durante le dimissioni di Napolitano e la inevitabile supplenza del presidente dello stesso Senato Grasso in quel periodo – ha malignato a palazzo Madama un senatore di maggioranza- sono una carta in mano da giocarsi con Renzi per i maggiori protagonisti della riforma delle legge elettorale. A partire, ad esempio, dallo stesso Grasso. O, ancora dalla relatrice Finocchiaro. O dal padre della precedente legge elettorale e oggi giudice costituzionale Mattarella…”.

“Resto convinta – ha detto la senatrice del Pd Anna Finocchiaro, presidente della commissione Affari costituzionali di palazzo Madama presentando l’Italicum 2.0 in aula al Senato per l’ incardinamento – che il nesso tra governabilità e rappresentanza debba essere la chiave che può portare a modificare il testo giunto dalla Camera e a renderlo corrente con le esigenze del sistema parlamentare che stiamo riformando. Quello che dal 7 gennaio discuteremo nell’aula di palazzo Madama – ha ricordato- è un sistema elettorale che riguarda esclusivamente il rinnovo della Camera dei Deputati, una riforma volutamente circoscritta al metodo di composizione di quella che sarà l’unica Camera elettiva in ragione dell’approvazione della riforma costituzionale che porta al superamento del bicameralismo perfetto e che attribuisce alla sola Camera dei Deputati il voto di fiducia. Questo e’ il senso del lavoro che si è svolto nell’altro ramo del Parlamento e che ci ha consegnato questo testo”.

“In commissione Affari costituzionali a palazzo Madama – ha riferito- abbiamo cominciato a lavorare sul testo che ci è giunto da Montecitorio. Alla fine della discussione generale, prendendo spunto dalla maggioranza degli interventi e cercando di individuare un terreno condiviso ho avanzato una serie di proposte emendative al testo che avevano l’obiettivo di tenere insieme e coniugare al meglio le esigenze della governabilità e della stabilità degli esecutivi con quella della garanzia di rappresentatività delle forze politiche che si presentano alle elezioni politiche. In questo senso andavano le mie proposte per l’abbassamento della soglia di accesso alla ripartizione dei seggi, per l’innalzamento della quota di consensi che nel nuovo sistema avrebbe dato diritto al l’assegnazione del premio di maggioranza e per l’introduzione di un sistema di riequilibrio di genere. Negli emendamenti che avevo presentato in commissione cercavo di individuare il profilo di un sistema coerente con le esigenze che avevamo individuato durante la discussione. La mole di emendamenti presentati alle mie proposte di fatto ha purtroppo impedito il proseguire di nostri lavori in commissione”.

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