Lo considererà anche un uomo di “integrità, di principio e di buon carattere”, ma secondo Barack Obama il direttore dell’Fbi ha sbagliato quando venerdì 28 ottobre ha comunicato al Congresso il ritrovamento di email che potrebbero essere rilevanti nell’ambito dell’indagine – chiusa a luglio senza alcuna incriminazione – dell’uso di un indirizzo di posta elettronica e server privati quando Hillary Clinton era segretario di Stato. Ha sbagliato perché ha violato norme ormai consolidate nella polizia federale e nel dipartimento di Giustizia. Le stesse norme che l’estate scorsa hanno spinto l’Fbi a non fare passi che avrebbero reso pubblici due casi: uno riguardante le attività in Ucraina di Paul Manafort, l’ex presidente della campagna di Donald Trump; l’altro sulle relazioni tra Clinton e i donatori della fondazione di famiglia. Il nome di James Comey, Obama non lo fa. Ma il riferimento è chiaro.
“Non agiamo con informazioni incomplete. Non agiamo alimentando fughe di notizie. Agiamo basandoci su decisioni concrete”, ha dichiarato il 44esimo Commander in chief in un’intervista a NowThis News. In riferimento all’indagine archiviata l’estate scorsa sul cosiddetto emailgate, Obama ha aggiunto che “la conclusione a cui era giunta l’Fbi, la conclusione del dipartimento di Giustizia, la conclusione di ripetute indagini del Congresso era che lei [Hillary] aveva sì commesso degli errori, ma che non c’era nulla per cui potesse essere incriminata”. Se fino ad ora aveva lasciato al suo portavoce Josh Earnest il compito di intervenire sulla mossa controversa di Comey, escludendo che con essa il direttore dell’Fbi stesse “intenzionalmente cercando di influenzare l’esito delle elezioni”, è lo stesso presidente americano ieri a prendere la parola. E a dire la sua quando mancano cinque giorni all’Election Day e mentre lui sta facendo il possibile per convincere gli elettori a votare per Clinton. Specialmente quelli afroamericani la cui affluenza nel voto anticipato è in calo, un brutto segno per la candidata democratica. “Anche se non si vota sul mio nome è in gioco la nostra eredità. Una eredità che non possiamo dare per scontata”, ha dichiarato in un’intervista radiofonica, rivolgendosi a coloro che hanno il suo stesso colore della pelle.
D’altra parte Obama ha fiducia in Clinton e nella sua integrità anche se non sembrano pensarla così gli intervistati per il sondaggio condotto da Washington Post-ABC News, secondo cui l’ex first lady è indietro di 8 punti percentuali rispetto al rivale repubblicano in tema di onestà e affidabilità. Le parole di Obama vanno ad alimentare ulteriormente le polemiche che ancora divampano dentro l’Fbi e il dipartimento di Giustizia, impegnati a lavorare insieme per analizzare il più velocemente possibile la mole di 650.000 email di Huma Abedin, l’assistente più fidata di Clinton, trovate sul pc dell’ex marito Anthony Weiner durante le indagini riguardanti l’invio di sms a sfondo sessuale da parte dell’ex deputato a una 15enne. E le parole di Obama contrastano con l’apparente neutralità fino al giorno prima mostrata dal suo portavoce. D’altra parte già nell’ottobre 2015 aveva stupito schierandosi apertamente dalla parte di Clinton sul caso emailgate: “Non credo che abbia posto un problema alla sicurezza nazionale”, disse parlando dell’uso dell’email privata da parte di Clinton quando era a capo della diplomazia Usa. Se sognava di godersi in tranquillità gli ultimi mesi del suo secondo e ultimo mandato, il presidente che ha fatto la storia (è il primo afroamericano alla Casa Bianca) farà di tutto per fare di nuovo la storia: per Hillary. Una sua vittoria colorerebbe di rosa lo Studio Ovale per la prima volta.