Per molti democratici è l’ultima fragile barricata che potrebbe tenere Donald Trump fuori dalla Casa Bianca: oggi i membri del Collegio elettorale votano per eleggere ufficialmente il presidente Usa, ma le chances che voltino le spalle al miliardario repubblicano sono minime. Quando gli americani l’8 marzo scorso sono andati alle urne non hanno eletto direttamente il prossimo presidente, ma 538 “grandi elettori” incaricati di tradurre la loro scelta in realtà. Trump ha ottenuto una chiara maggioranza di quegli elettori, 306, sui 270 necessari, anche se la democratica Hillary Clinton ha ottenuto quasi tre milioni di voti popolari in più. Oggi i grandi elettori, che in gran parte sono ignoti sostenitori dei due partiti, si riuniranno in ciascuno stato e nel District of Columbia, che ospita la capitale Washington, per designare ufficialmente il 45esimo presidente e il suo vice. Dopo una campagna elettorale al veleno e le ultime accuse sulle interferenze russe che avrebbero contribuito alla vittoria di Trump, questo passaggio del processo elettivo, che normalmente viene considerato una pura formalità, è finito sotto i riflettori. Per impedire a Trump di diventare presidente i democratici devono convincere almeno 37 elettori repubblicani ad abbandonare il loro candidato.
LA PETIZIONE Finora sono uno l’ha fatto. Il texano Christopher Suprun ha annunciato pubblicamente che non voterà per Trump: l’immobiliarista “dimostra tutti i giorni di non essere adeguato all’incarico” ha scritto sul The New York Times. “L’elezione del prossimo presidente non è ancora cosa fatta. Gli elettori di coscienza possono ancora fare la cosa giusta per il bene del Paese” ha scritto Suprun. Una petizione online per chiedere ai grandi elettori di respingere Trump ha raccolto circa cinque milioni di firme. Una star di Hollywood come Martin Sheen (“il presidente Bartlet” nella serie Tv “West Wing”) ha pubblicato un video in cui chiede ai membri del collegio elettorale di scaricare Trump. Se questi perdesse il voto del collegio, toccherebbe alla Camera dei rappresentanti, controllata dai repubblicani, scegliere il successore di Barack Obama. Ma non c’è alcun indizio di una defezione di massa dei grandi elettori repubblicani. Il risultati del voto del collegio potrebbero non essere noti oggi, dato che molto stati hanno vari giorni di tempo per comunicare i risultati. Il Congresso annuncerà il nome del vincitore il 6 gennaio, due settimane prime dell’insediamento del presidente. I cyberattacchi russi, che secondo i democratici hanno danneggiato gravemente la campagna della Clinton, hanno caricato ulteriormente di tensione il voto del collegio elettorale.
INTIMIDAZIONI Dieci elettori, nove democratici e un repubblicano, hanno scritto al capo dell’intelligence nazionale James Clapper chiedendo di essere informati sulla vicenda prima del voto. Il presidente della campagna di Clinton, John Podesta, il cui account email è stata hackerato con migliaia di mail private pubblicate durante la campagna, ha sostenuto la richiesta. Ma Clapper ha detto no. Il prossimo capo di gabinetto della Casa Bianca, Reince Preibus, ha detto a Fox News ieri che le pressioni sul collegio elettorale perché non elegga Trump “riguardano il fatto che i democratici non possono accettare l’esito del voto. Riguarda una delegittimazione del sistema americano”. Ora procedono “in questo tentativo di intimidIre i grandi elettori. Abbiamo grandi elettori che ricevono 200mila mail. Non cambierà nulla” ha detto Preibus. Lo stesso Trump è intervenuto via Twitter. “Se i miei molti sostenitori avessero agito e minacciato le persone come stanno facendo coloro che hanno perso le elezioni, sarebbero disprezzati e insultati!” ha scritto. Non tutti i democratici sono d’accordo con il tentativo di fermare Trump. “Anche se sono profondamente preoccupato per l’elezione e @realDonaldTrump” ha scritto su Twitter l’ex consigliere di Obama David Axelrod “la gran parte dei grandi elettori deve seguire gli Stati. Il contrario farebbe a pezzi il Paese”. (fonte afp)