Comincia alle 15, oggi, la videoconferenza dei capi di Stato e di governo dell’Ue (la quarta in sette settimane) che avrà come punto principale in agenda la proposta per uno ‘European Recovery Fund’, un Fondo per il rilancio economico dopo la crisi del Covid-19, e a cui parteciperà per l’Italia il premier Giuseppe Conte. I temi all’ordine del giorno sono tre, secondo la lettera di convocazione del vertice inviata martedì sera, dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel sono quattro. Innanzitutto le due ‘roadmap’ (tabelle di marcia), una per la fine graduale delle restrizioni sociali per contenere l’epidemia, e l’altra riguardante la ripresa, che i capi di Stato e di governo avevano chiesto di elaborare a Michel e alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Sono in realtà documenti piuttosto generici che non dovrebbero comportare grandi discussioni. Nella ‘roadmap’ sulla ripresa, comunque, c’è un richiamo ai ‘principi e valori fondanti dell’Ue’, che devono ‘restare al centro del nostro approccio’, e vengono menzionati ‘il rispetto dello stato di diritto’ e ‘la dignità umana’. Un punto che potrebbe celare una controversia con l’Ungheria, che ha instaurato uno stato d’emergenza con poteri straordinari al premier Viktor Orban e l’esautoriazione del Parlamento, senza porre limiti di tempo. Il secondo punto in discussione è il pacchetto concordato il 9 aprile dall’Eurogruppo, che in caso di utilizzo pieno varrebbe 540 miliardi di euro, ‘con le tre reti di sicurezza – scrive Michel nella lettera d’invito – per il debito sovrano (attraverso la linea speciale di credito del Mes per i sistemi sanitari nazionali, ndr), per le imprese private (attraverso il sostegno da parte della Banca europea per gli investimenti, Bei, ndr) e per la tutela dell’occupazione (attraverso il meccanismo ‘Sure’, ndr). Dobbiamo dare il via libera a queste importanti iniziative e insistere affinché siano disponibili il più presto possibile. L’obiettivo – sottolinea Michel – dovrebbe essere che queste tre reti di sicurezza siano installate e funzionanti entro il primo giugno’.
E’ possibile che Conte chieda chiarimenti e garanzie supplementari per certificare la ‘non condizionalità’ della linea di credito speciale del Mes, ma il premier ha già chiarito che l’Italia non intende bloccare l’approvazione di questo strumento, a cui ogni Stato membro può decidere se vorrà accedere o no. In ogni caso, non ci si attende che i leader entrino in discussione approfondita su questi elementi; dovrebbero limitarsi a dare il mandato all’Eurogruppo affinché li rendano operativi a giugno. Il punto di gran lunga più importante su cui sarà concentrata la discussione dei leader è l’ultimo: il Fondo europeo di ripresa. ‘Il mio suggerimento – scrive Michel nella sua lettera d’invito – è che ci impegniamo a lavorare per creare questo fondo il più presto possibile. Dovrebbe essere di dimensioni sufficienti, indirizzato verso i settori e le parti geografiche dell’Europa più colpite, ed essere dedicato a far fronte a questa crisi senza precedenti’. ‘A questo fine – continua Michel – propongo di incaricare la Commissione di analizzare in modo preciso i bisogni e di presentare una proposta commisurata alla sfida che stiamo affrontando. La proposta della Commissione dovrebbe chiarire il legame con il Quadro finanziario pluriennale (il bilancio comunitario 2021-2027, ndr), che sarà in ogni caso al centro del contributo dell’Ue alla ripresa e dovrà essere adeguato per far fronte all’attuale crisi e alle sue conseguenze’.
La presidente della Commissione Ursula von der Leyen sarà invitata a illustrare le ipotesi di base della proposta del Fondo a cui sta lavorando l’Esecutivo comunitario: su come pensa di strutturarlo, su come finanziarlo con ‘strumenti innovativi’ e su che ‘potenza di fuoco’ dargli. La Commissione potrà così sondare i capi di Stato e di governo, prima di mettere sul tavolo la proposta formale. Oltretutto, la creazione del Fondo è strettamente legata al negoziato sulla nuova proposta di bilancio pluriennale comunitario 2021-2027, rivista e corretta, che la Commissione presenterà il 29 aprile. Seguirà poi un altra videoconferenza dei leader, forse più risolutiva, probabilmente all’inizio di maggio. E’ molto probabile, dunque, che la videoconferenza dei capi di Stato e di governo di oggi non produca un documento con le conclusioni e le decisioni dei Ventisette, ma solo una dichiarazione di Michel, con elementi di orientamento per il lavoro affidato alla Commissione, che sarà la base del negoziato. Nelle ultime ore, comunque, alle idee abbozzate dalla Commissione e alla proposta presentata già da tempo dalla Francia, si è aggiunto anche un ‘non paper’ piuttosto articolato spagnolo, che prevede emissioni di debito comune per 1.000-1.500 miliardi di euro con obbligazioni senza scadenza per finanziare trasferimenti a fondo perduto, agli Stati membri più colpiti dalla crisi (mutualizzazione della spesa).
Da martedì sera, inoltre, è stata annunciata anche una proposta italiana, che però non è stata presentata formalmente, ma solo condivisa con i paesi ‘alleati’, e che sarebbe compatibile con la proposta ‘in fieri’ della Commissione e ad essa complementare. Per quanto se ne sa a Bruxelles, l’idea di base dell’Esecutivo comunitario è quella di finanziare il Fondo per la ripresa (che avrebbe una durata massima di due-tre anni) con obbligazioni di lungo termine (almeno 25-30 anni) emesse dalla Commissione sui mercati con rating tripla A e quindi tassi d’interesse bassissimi, sulla base di garanzie che verrebbero fornite dal bilancio Ue. Il Fondo presterebbe poi agli Stati membri il denaro, raccolto con le euro obbligazioni, per finanziare gli investimenti per la ripresa. Riguardo alle dimensioni, l’attesa è che il Fondo valga almeno 1.000-1.500 miliardi di euro. Ci sarebbe un evidente vantaggio per i paesi più fragili finanziariamente (come Italia e Spagna) che non sarebbero sottoposti all’incubo dello spread. Ma ad essere mutualizzate sarebbero solo l’emissione e le garanzie, mentre la spesa e il debito resterebbero nazionali. In gran parte, almeno, perché un altro elemento su cui si sta negoziando riguarda la quota del Fondo che potrebbe essere stanziata non per prestiti, ma per trasferimenti a fondo perduto (‘grants’) agli Stati membri più colpiti dalla crisi, magari attraverso specifici programmi comunitari.
Su questo punto è molto forte l’opposizione dei rigoristi dei paesi del Nord Europa, che hanno già aperto a fatica al principio dell’emissione di obbligazioni europee con garanzie comuni per prestare il denaro agli Stati membri (‘borrow to lend’), e sono ora molto restii ad accettare che i finanziamenti così mobilizzati siano spesi senza essere restituiti (‘borrow to spend’). Un altro elemento in discussione è quello del cosiddetto ‘front loading’, ovvero la possibilità di mettere a disposizione subito le garanzie necessarie – senza aspettare che entri in vigore il nuovo bilancio pluriennale – per far partire possibilmente già da giugno il Fondo per la ripresa. Per far questo, gli Stati membri anticiperebbero loro le garanzie nei primi mesi (praticamente il secondo semestre 2020), ciascuno con una propria quota proporzionale al Pil. Questo punto, a quanto sembra, è sostenuto in particolare dall’Italia nella sua proposta non ancora formalizzata. Ma i soliti paesi del Nord, più baltici e Repubblica ceca, non sono convinti e chiedono di vedere i dettagli prima di impegnarsi a fornire le garanzie. Il modello sarebbe quello del nuovo programma ‘Sure’ per il sostegno ai meccanismi nazionali di cassa integrazione. Ma, al contrario di ‘Sure’ (che disporrà di 25 miliardi di garanzie per emettere obbligazioni da 100 miliardi), con il Fondo per la ripresa le garanzie nazionali verranno sostituite dalle garanzie fornite dal bilancio Ue, quando entrerà in vigore nel 2021. Quanto dovrà essere aumentato il bilancio pluriennale Ue per poter fornire le garanzie al ‘Recovery Fund’?
L’ipotesi su cui si lavora, a quanto si apprende a Bruxelles, sarebbe quella di aumentare il tetto degli impegni del bilancio fino al 2% (rispetto all’attuale 1,2%) del Pil comunitario complessivo, lasciando il tetto di spesa al livello delle ultime proposte (poco più dell’1% del Pil) su cui ancora a febbraio non c’era stato accordo fra i Ventisette. La differenza fra tetto d’impegni e spesa reale (chiamata in inglese ‘headroom’) sarebbe così pari a poco meno dello 0,90% del Pil comunitario. Inoltre, anche in questo caso potrebbe esserci un ‘front loading’: gran parte degli impegni che eccedono le spese di tutti e sette gli anni del bilancio pluriennale potrebbero essere concentrati nei primi due anni, in modo da avere somme molto più importanti a disposizione per le garanzie. Quanto alle altre proposte, la risoluzione con cui, a larghissima maggioranza venerdì scorso, il Parlamento europeo si è pronunciato a favore dell’emissione di ‘Recovery Bond’ per finanziare il Fondo per la ripresa, pur non entrando nei dettagli, è più che altro un appoggio di massima all’iniziativa della Commissione. Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, presenterà la risoluzione nel suo intervento preliminare alla videoconferenza dei leader. Le altre due proposte avanzate dalla Francia e dalla Spagna per il Fondo di ripresa è difficile che vengano prese in considerazione, anche perché entrambe prevedono una mutualizzazione molto più spinta rispetto alla bozza della Commissione, con l’uso del Fondo per sovvenzioni, non prestiti, agli Stati membri che ne avranno bisogno.
Il Fondo di Rinascita francese ha avuto senza dubbio un valore tattico, come mezzo di pressione negoziale; ma la base delle discussioni sarà ovviamente la proposta della Commissione. Quanto alla proposta spagnola, l’ultima arrivata, è la più originale e articolata, ma anche la meno realistica: prevede che il Fondo per la ripresa, quantificato in 1.500 miliardi di euro e gestito attraverso il bilancio Ue, sia finanziato con ‘obbligazioni perpetue’, ovvero senza data di scadenza (chi le acquista riceve solo gli interessi e non viene mai rimborsato del capitale). In più, la Spagna afferma in modo molto chiaro che tutti i finanziamenti del nuovo Fondo ai paesi più colpiti dalla crisi dovrà avvenire ‘sulla base di sovvenzioni’, ovvero con trasferimenti a fondo perduto, e non prestiti. E che anche gli interessi per le obbligazioni emesse dovrebbero essere pagati direttamente dal bilancio Ue, che dovrebbe a sua volta essere rafforzato facendo ricorso a nuove ‘risorse proprie’ (basate su imposte comunitarie come ad esempio una ‘Carbon tax’ alle frontiere o una tassa sul mercato unico). Fumo negli occhi per i paesi rigoristi, che non approverebbero mai alcuna misura che contenesse le parole ‘mutualizzazione del debito’, e ancor meno se associate all’aggettivo ‘perpetuo’. Ma almeno c’è sul tavolo una posizione che esprime in modo chiarissimo, senza lasciarsi intimidire dai veti nordici e tedeschi, che cosa dovrebbe fare l’Ue per evitare che questa crisi senza precedenti generi nuove, più gravi e insostenibili disparità e divergenze fra le economie degli Stati membri. askanews