Via libera aziende a divieti coltivazioni Ogm in 19 Stati Ue

Via libera aziende a divieti coltivazioni Ogm in 19 Stati Ue
5 novembre 2015

Non ci sono state obiezioni da parte delle società biotecnologiche produttrici, entro la scadenza prevista per oggi, alle richieste presentate da 19 Stati membri (Italia compresa) di esentare in tutto o in parte il proprio territorio nazionale dalla coltivazione di una serie di organismi geneticamente modificati (Ogm) regolarmente autorizzati o in corso di autorizzazione da parte dell’Ue. Lo ha riferito, oggi a Bruxelles, Enrico Brivio, portavoce della Commissione europea per l’Ambiente e la Sicurezza alimentare della Commissione europea. Le coltivazioni che saranno ora vietate nei 19 Stati membri intressati riguardano quattro varietà di Ogm già approvati o in corso di approvazione a livello Ue (Monsanto MON810, Pioneer TC1507, e Syngenta GA21 e Bt11), più altri quattro che non hanno ancora ricevuto la valutazione di rischio favorevole da parte dell’Efsa (l’Autorità europea di sicurezza alimentare). Le società biotech interessate (Monsanto, Syngenta, Pioneer e Dow) avevano la possibilità di opporsi ad ogni singola richiesta da parte degli Stati membri, ma hanno deciso di non farlo, accettando, in base al meccanismo del silenzio-assenso, tutte le richieste arrivate a Bruxelles e trasmesse loro dalla Commissione europea. “Il 5 novembre – ha spiegato Brivio – era la scadenza finale entro cui le aziende potevano reagire alla domanda degli Stati membri di limitare l’ambito geografico per la coltivazione degli Ogm già autorizzati o in attesa di autorizzazione, per la coltivazione”.

“Tutte le domande dai 19 Stati membri sono state accettate dalle aziende” produttrici interessate; “di conseguenza, il campo di applicazione geografico delle decisioni d’autorizzazione degli Ogm in questione sarà adeguato in modo da tenere conto delle richieste di questi 19 paesi, come previsto dalla Direttiva Ue 2015/412”, ha annunciato il portavoce. La lista dei paesi che saranno esclusi dal campo di applicazione dell’autorizzazione Ue per le otto coltivazioni transgeniche, comprende: Austria, Belgio (solo per la Vallonia) Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Francia, Germania (con un’eccezione per le coltivazioni usate nella ricerca scientifica), Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Regno Unito (solo per Scozia, Galles e Irlanda del Nord) Slovenia, e Ungheria. “Il numero di domande di esclusione parziale o integrale del proprio territorio dalla coltivazione di Ogm e la risposta positiva che hanno ottenuto confermano che la nuova direttiva (entrata in vigore nell’aprile scorso, ndr) fornisce un quadro legale necessario e appropriato. Consente agli Stati membri di ascoltare le preoccupazioni di molti cittadini europei e di avere l’ultima parola sulla decisione se gli Ogm ppossono o no essere coltivati sul loro territorio, per tener conto nel modo migliore del loro contesto nazionale”, ha osservato Brivio, ricordando che, comunque, la direttiva “mantiene un robusto sistema di autorizzazione e valutazione di rischio degli Ogm che garantisce un alto e uniforme livello di sicurezza in tutta l’Ue”.

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Gli Stati membri “ritardatari”, che non hanno presentato la richiesta di opt-out entro il termine del 3 ottobre scorso, potranno ancora vietare le colture transgeniche in questione, ma dovranno usare una seconda opzione, più complessa e meno diretta, che avrebbe potuto essere attivata anche in caso di obiezioni (che non si sono state) da parte delle società biotech produttrici degli Ogm. In questo caso, bisognerà indicare una serie di motivazioni “di prevalente interesse generale” per il divieto di coltivazione, che andranno notificate alla Commissione europea (a cui spetta controllare che siano corrette) e per le quali non è escluso un rischio di contestazione a livello Ue, da parte della Corte di Giustizia europea e della stessa Commissione, o a livello internazionale nell’ambito della Wto (Organizzazione mondiale del Commercio). Le motivazioni invocate potranno riguardare l’impatto socio-economico, l’esigenza di evitare “contaminazioni” in colture non Ogm e obiettivi di politica ambientale, agricola, di ordine pubblico, oppure di pianificazione urbana e territoriale, e di uso del suolo. Non potranno essere menzionati, invece, rischi per la sicurezza alimentare o per l’ambiente, per i quali tecnicamente è competente solo l’Efsa.

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