A una settimana dal voto che ha affossato il ddl Zan, passa in aula al Senato una norma che contiene l’espressione “identità di genere” tanto criticata da una parte della maggioranza – Lega, Fi e Iv – quale ostacolo a un compromesso per arrivare a una legge che punisse l’omotransfobia. È stato infatti approvato con la questione di fiducia il decreto infrastrutture che, tra le altre cose, vieta “sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche”.
La norma era stata introdotta nel corso dell’esame in commissione alla Camera con un emendamento firmato dalla deputata Pd Alessia Rotta. Il testo è arrivato blindatissimo al Senato: Fratelli D’Italia ha presentato degli emendamenti soppressivi della norma che evoca alcuni passaggi del ddl Zan chiedendo di votarli a scrutinio segreto ma il governo ha sbarrato la strada ponendo la questione di fiducia. Una decisione che non è piaciuta alla Lega: “Prendiamo atto che il Governo ha posto per l’ennesima volta la fiducia su un provvedimento. Prendiamo atto, ma non siamo d’accordo sul fatto che si continui su questa strada, soprattutto con il ricorso a tale strumento. È vero che c’era la richiesta di un voto segreto, ma il Parlamento è questo. Ci sono i voti, ci sono i voti segreti, ci sono i Regolamenti, questa è la democrazia”, ha detto il capogruppo Massimiliano Romeo in aula.
“Continuare sulla strada di mettere sempre la fiducia su tutti i provvedimenti – ha proseguito il leghista – equivale a dare la sensazione di volere sostanzialmente evitare il Parlamento, che è composto dai rappresentanti del popolo, come se diventasse una sorta di fastidio andare in Parlamento ad affrontare le varie tematiche. Questa non la reputiamo essere una cosa giusta e corretta. Dove ci porterà questo continuo voler esautorare il Parlamento? Guardate che l’insofferenza non è solo della Lega, che magari non è capace di nascondere certe cose, perché, forse per estrema trasparenza, noi non abbiamo assolutamente paura di dire quello che pensiamo. L’insofferenza è in tutti i gruppi politici. In previsione dell’elezione del Presidente della Repubblica, continuare ad alimentare questa insofferenza non ci sembra una buona strategia e non ci sembra una buona mossa”.
Secondo il senatore di Fdi Andrea De Bertoldi con il divieto approvato “una mamma che accudisce il bambino potrebbe essere ritenuta uno stereotipo di genere e potrebbe esserne impedita la rappresentazione”. Si tratta, ha aggiunto, di “riprodurre il disegno di legge Zan in un decreto trasporti!”. Quindi ha chiesto “al Governo Draghi di non essere complice di queste cose; chiediamo ai partiti del centrodestra, a coloro che hanno osteggiato e impedito una legge vergognosa come il ddl Zan, che non difendeva alcun diritto civile, ma creava discriminazione in chi la pensava diversamente, di avere il coraggio di dire basta a questo ricorso indiscriminato al voto di fiducia. Basta prendere in giro il Parlamento! Erano 30 emendamenti e nemmeno quelli avete voluto affrontare in Parlamento!”.
Secondo il senatore di Fdi Lucio Malan si tratta di “una norma ideologica volta a limitare la libertà di espressione, una misura assolutamente inaccettabile, introdotta a tradimento e di soppiatto. È pericolosissima perché lasciata, per un verso, all’interpretazione, e per un altro, alla censura preventiva che faranno tutti i concessionari di pubblicità. Questi ultimi, per evitare problemi, saranno ancora più severi di quanto lo sarebbe un giudice o qualunque autorità deputata a pronunciarsi su cos’è una pubblicità sessista o su cosa, in un contenuto pubblicitario, potrebbe offendere qualcuno nel suo credo religioso, oppure su cosa può offendere qualcuno rispetto all’identità di genere. Un concetto, quest’ultimo, ampiamente criticato quando inserito nel disegno di legge Zan, anche da parte di chi sosteneva il resto di quel provvedimento”.
“Sarà ancora possibile affermare in una pubblicità che i bambini sono maschi e le bambine sono femmine? Che un bambino nasce da una mamma e un papà? Che l`utero in affitto è una pratica barbara? Secondo il Disegno di Legge sulle infrastrutture, approvato dalla Camera e ora in Senato, tutto ciò sarà vietato”, è il commento di Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia. “L`identità di genere non è entrata con il cavallo di Troia del ddl Zan e ora surrettiziamente il Governo ci riprova inserendola in questa norma sotto la foglia di fico, come al solito, delle discriminazioni, in particolare con l`emendamento 1.294 approvato senza illustrazione e senza discussione e proposto dal Pd. Non solo viene calpestata la libertà di espressione sancita dalla Costituzione, ma si apre nuovamente all`identità fluida. Lo sapevamo che non bisognava abbassare la guardia! Abbiamo già sperimentato censure come questa quando, in passato, alcuni Comuni hanno bloccato o censurato i nostri manifesti per normative simili”, aggiunge Jacopo Coghe, vicepresidente della Onlus.