Oliver Stone ha fatto il vaccino russo: “Non capisco perché l’Occidente lo ignori”
Il regista americano 74enne ha effettuato un tour in Russia per un documentario
Ha effettuato un tour in Russia per il prossimo documentario sul cambiamento climatico, e ha pensato di approfittarne e ricevere in loco la dose di vaccino contro il coronavirus sviluppato dal Gamaleya National Center of Epidemiology and Microbiology. Così è andata a Oliver Stone, che lunedì sera ha rilasciato la dichiarazione all’emittente russa Canale 1, specificando di avere intenzione di tornare per ricevere la seconda dose. “Sono fiducioso. È un ottimo vaccino, non capisco perché venga ignorato in Occidente”, ha detto il 74enne regista americano.
“Io sono pieno di speranze e credo che il vostro vaccino vada bene”, ha aggiunto Stone, sottolineando che “l’America nella sua follia considera nemici la Russia e la Cina. Io personalmente non lo condivido. Credo che possano diventare ottimi partner degli Usa”. La Russia ha lanciato la distribuzione del vaccino contro il Covid-19 a livello nazionale alla fine della scorsa settimana, ma limitatamente agli operatori sanitari, gli insegnanti e gli assistenti sociali di età compresa tra i 18 e i 60 anni. Il Moscow Times ricorda che “gli esperti hanno avvertito che potrebbe essere dannoso per i pazienti di 60 anni e più, che sviluppano forme più gravi di Covid-19 e hanno i tassi di mortalità più alti”. Stone, a 74 anni, non rientrerebbe dunque nella finestra di età consigliata per essere vaccinato con lo Sputnik V.
La Russia pone molta fiducia nel suo vaccino, arrivato sulla scena mondiale per primo e forse ingiustamente ‘snobbato’ dalle comunità scientifiche europee e americane. Infatti nonostante l’alto livello della scienza sovietica lo Sputnik V, così come il vaccino cinese, ha dovuto subire sospetti e critiche per la velocità dei test e la mancanza di trasparenza. Ma per Kirill Dmitriev, direttore del Fondo russo per gli investimenti diretti (RDIF),con laurea ad Harvard e Stanford, questi dubbi non sono altro che ‘un frutto dell’ ignoranza, dei pregiudizi e della disinformazione’, bocconi avvelenati seminati dai competitors.