Più di 15 mila minori stranieri non accompagnati sono presenti nel territorio italiano, di essi 5.588 hanno fatto perdere le loro tracce rendendosi irreperibili agli enti che li avevano in tutela. I dati sono contenuti nel dossier della Caritas di Roma sulla situazione dei minori stranieri non accompagnati presentato in occasione della Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Tra i giovanissimi, un caso particolare è quello dei minori egiziani, presenti in Italia in 2.047, di cui praticamente la metà (1.182), irreperibili. Il dossier “Le difficili sfide dei minori stranieri non accompagnati nel percorso di crescita e di integrazione”, dedica uno speciale approfondimento sulla comunità dei giovani egiziani a Roma, presenti in 969 nei Centri di Accoglienza per minori non accompagnati, la metà del totale dei minori accolti nelle strutture della Capitale. Sono giovani con un’età media di arrivo inferiore ai 16 anni, un quinto dei quali con un’età compresa tra le 12 e i 14 anni. La regione di provenienza è principalmente Gharbeya, una zona a nord della città del Cairo, densamente popolata. Negli ultimi mesi sono stati accolti diversi ragazzi provenienti anche da Mansura e Dakahlia, arrivati tutti via mare, seguendo due rotte: direttamente da Rashid o da Baltim verso la Sicilia.
In media, nel paese di origine, i ragazzi hanno frequentato la scuola per 8 anni e le loro condizioni di salute sono buone a parte una significativa incidenza di patologie dermatologiche. Secondo i colloqui sociali svolti dagli operatori Caritas e il “passaparola” tra i ragazzi, emerge che la maggior parte di quelli che si rende irreperibile lo fa per immettersi nel mercato del lavoro “in nero” – tra i settori quelli del commercio ambulante, dei mercati generali e dell’edilizia – oppure per emigrare in Francia. Preoccupante anche il fenomeno, sempre più diffuso, dello sfruttamento per fini sessuali e della piccola delinquenza per lo spaccio di sostanze stupefacenti. Un quarto dei ragazzi egiziani “intervistati” nei centri Caritas ha dichiarato di avere parenti entro il quarto grado già presenti in Italia (la comunità egiziana conta 135mila presenze in Italia è quasi 11mila a Roma). Nella fase della prima accoglienza, i parenti sono restii a prendersi in carico il minore, anzi delegano alle comunità e alle istituzioni ogni decisione. I centri di accoglienza sono definiti madrassa (scuola in lingua araba), ovvero collegi chiamati a soddisfare le loro necessità (vestiario, cibo, documenti, cure sanitarie, ecc). Durante i primi colloqui, emerge come i ragazzi giunti negli ultimi mesi spesso non sembrino avere un progetto migratorio chiaro.
La maggioranza è venuta in Italia per volere dei genitori; alcuni hanno dichiarato di essere partiti per raggiungere gli amici. La speranza è di trovare un lavoro grazie anche alla rete familiare e dei connazionali della città, con l’obiettivo di inviare soldi in patria e ripagare il debito contratto per il viaggio dell’ammontare circa di 3.000 euro, che deve essere saldato quanto prima. L’ansia legata al mandato è un fardello pesante e in alcuni casi si aggiungono le paure legate alle gravi ripercussioni che potrebbero subire le loro famiglie in caso di mancato risarcimento del debito. Perlopiù sembrano disorientati e psicologicamente non preparati al percorso intrapreso, anche per la loro giovane età.Un altro elemento importante è la difficoltà di sostenere i minori non accompagnati di nazionalità egiziana nel rientro nel proprio Paese quando ne manifestano la volontà. È possibile richiedere le indagini familiari necessarie; infatti la Direzione Generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e le Autorità diplomatico-consolari egiziane hanno individuato modalità condivise per poter effettuare attività di family tracing. Purtroppo però, malgrado questi accordi, i rimpatri assistiti tendono a rimanere numericamente rari.
“Il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati non è nuovo – si legge nel Dossier – ma certamente sta assumendo dimensioni e caratteristiche importanti; è una parte integrante di una migrazione strutturale che sta interessando il capitale umano dell’Italia e dell’Europa. La società in diversi momenti ha espresso difficoltà davanti a questa evoluzione sociale. A Roma i fatti di Tor Sapienza accaduti nel novembre del 2014 e, ancor più di recente, quelli del 15 ottobre di quest’anno nel quartiere Tiburtino III, sono esempi eclatanti dei tanti episodi di razzismo, discriminazione e tensione sociale. Gli atti di terrorismo, non ultimi gli accadimenti di Parigi, aumentano la paura legata al mondo islamico e all’immigrazione in generale. È sempre più necessario investire risorse per favorire l’integrazione e creare le condizioni per cui l’arrivo di queste nuove energie sociali rappresenti uno stimolo e un’occasione per i minori migranti stessi e per la società che li ospita di evolvere in meglio”. Per la Caritas non c’è un intervento che da solo possa tutelare e promuovere lo sviluppo della crescita, contrastando lo sfruttamento dei Minori non accompagnati in generale e di quelli di nazionalità egiziana nello specifico. Si rendono necessari una pluralità di azioni a differenti livelli: politico, giuridico, sociale, educativo.