Scenografia suggestiva, nel magico Teatro greco di Siracusa, per l’Agamennone di Eschilo, che ha aperto la cinquantasettesima stagione di rappresentazioni classiche. Oltre 4mila persone, tantissime le scolaresche, hanno assistito al debutto dello spettacolo per la regia di Davide Livermore, che ha segnato il ritorno del teatro a capienza quasi piena dopo due anni di restrizioni dovute alla pandemia. Come fondale del palcoscenico, Livermore ha voluto un grande specchio che riflette l’immagine del pubblico seduto sulle gradinate scavate nella roccia; le immagini di due grandi schermi circolari enfatizzano la tragedia; mentre si dipana, orrore dopo orrore, la vicenda che vede Agamennone tornare da eroe per aver sconfitto i troiani, ma consumarsi, al rientro, il suo assassinio. E’ il ‘castigo’ di Clitennestra, per aver sacrificato la loro figlia Ifigenia. Un tremendo sacrificio compiuto per ingraziarsi gli Dei. “Imbrattando del sangue di una vergine queste mie mani di padre, quale atroce dilemma? C’è forse una scelta che non sia colpevole, ma come posso tradire la flotta, venir meno all’alleanza, la responsabilità mi impone di accettare questo abominio”.
Si compie così la vendetta di Clitennestra, interpretata da Laura Marinoni che spicca in un cast di attori affiatati. Per lei, avvolta in un abito nero e poi rosso sangue, il momento è venuto. “I vincitori si salveranno, ma il male fatto ai morti è sempre pronto a risvegliarsi, le disgrazie sempre pronte a colpire”. “Oltraggio chiama oltraggio. Il distruttore è distrutto. L’omicida è punito”… Sangue chiama sangue, nella trilogia di Eschilo, e sarà il figlio Oreste a vendicare il padre, per essere poi assolto, nell’Orestea, da Atena. Il regista Davide Livermore: “Agamennone, fra mille anni, fra duemila anni, insegnerà sempre qualcosa perché sempre siamo figli di qualcuno che ci ha lasciato un destino, un energia, un dolore, una luce. Ma siamo figli di storie e queste storie hanno bisogno di essere in qualche modo spezzate. Ci insegna il desiderio di giustizia costante che vogliamo manifestare, la giustizia come un pensiero luminoso sulle nostre teste verso cui tendere sapendo che non lo raggiungeremo quel senso di giustizia profondo sospeso tra terra e il cielo, ma tendendovi probabilmente adempiamo al nostro dovere di esseri umani”. Come riferimento visivo Livermore ha scelto costumi anni ’30 che ricordano la cultura dei poteri totalitari europei del ventesimo secolo, che si rifacevano alla classicità. “Abbiamo usato quel periodo perché è un periodo che come quello di Agamennone, inteso come tempo non storico ma emotivo di Agamennone, è sospeso su un abisso”. La stagione del teatro greco si concluderà il 26 luglio, e l’Agamennone si alternerà con l’Edipo Re per la regia di Robert Carsen e l’Ifigenia in Tauride diretto da Jacopo Gassmann.