Omicidio della moglie malata di Alzheimer, 9 anni e 4 mesi di reclusione al marito

Una tragedia familiare culminata in un gesto irreparabile. Alessandro Sacchi, 80 anni, è stato condannato a 9 anni e 4 mesi di reclusione per l’omicidio della moglie, Serenella Mugnai, 72 anni, affetta da Alzheimer. A questa pena si aggiungono ulteriori 8 mesi per la detenzione illegale dell’arma utilizzata nel delitto. La sentenza è stata emessa dalla Corte d’Assise di Arezzo, dopo un processo che ha portato alla luce un dramma umano segnato dalla malattia, dallo stress e da un gesto estremo.
I fatti risalgono al 21 giugno 2024, quando all’interno di un appartamento di viale Giotto ad Arezzo, Sacchi sparò un colpo di pistola alla fronte della moglie, uccidendola. Fu lo stesso uomo a chiamare le forze dell’ordine e a confessare il gesto, venendo immediatamente arrestato. Durante il processo, è emerso che Sacchi si trovava in uno stato di profonda prostrazione emotiva, causata dallo stress accumulato negli anni trascorsi assistendo la moglie malata. La perizia psichiatrica ha confermato che, al momento del fatto, l’uomo era incapace di intendere e di volere.
La procura aveva chiesto una condanna a 9 anni e 9 mesi di reclusione, riconoscendo la prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alle aggravanti. La Corte ha accolto in parte questa richiesta, riducendo leggermente la pena. Tuttavia, è stata rigettata la proposta della difesa di accedere alla giustizia riparativa, che prevedeva un risarcimento a favore di un’associazione che opera in difesa delle donne. La difesa aveva cercato di sottolineare il profondo legame tra Sacchi e la moglie, descrivendo il gesto come un atto disperato dettato dalla sofferenza.
Durante il processo, Alessandro Sacchi ha rilasciato dichiarazioni spontanee, ricordando con affetto e dolore il rapporto con Serenella Mugnai. “Era la mia vita”, ha detto, lasciando trasparire il peso di una scelta che ha segnato per sempre la sua esistenza. La sentenza di primo grado ha riconosciuto le attenuanti generiche, tenendo conto delle circostanze personali e del contesto in cui è avvenuto il delitto.
Il caso ha suscitato un ampio dibattito pubblico, sollevando interrogativi sulle condizioni di chi si prende cura di persone affette da malattie degenerative come l’Alzheimer. Molti hanno espresso comprensione per la situazione di Sacchi, pur condannando il gesto estremo. Altri hanno sottolineato la necessità di un maggiore sostegno alle famiglie che affrontano simili difficoltà, per evitare che tragedie come questa possano ripetersi.
La vicenda di Alessandro Sacchi e Serenella Mugnai rimane una ferita aperta, non solo per i familiari, ma per l’intera comunità. Una storia che mette in luce la complessità del dolore umano e le conseguenze devastanti di una malattia che non colpisce solo chi ne è affetto, ma anche chi gli sta accanto.