Omicidio di Garlasco, ex maresciallo carabinieri sviò indagini
Marchetto condannato un anno fa a 2 anni e mezzo di reclusione per falsa testimonianza
L’ex maresciallo dei carabinieri di Garlasco, Francesco Marchetto, provoco’ un “grave sviamento” delle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi con la sua falsa testimonianza sulla bici nera da donna, davanti al gup di Vigevano Stefano Vitelli. Lo scrivono i giudici della prima Corte d’Appello nelle motivazioni alla sentenza con cui, il 12 ottobre scorso, hanno pronunciato una sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato di cui era accusato Marchetto. Le dichiarazioni considerate false dai giudici vennero rese dal militare nell’ambito del giudizio col rito abbreviato che si chiuse con l’assoluzione di Alberto Stasi, condannato poi in Cassazione dopo un complicato iter processuale a 16 anni di carcere. Marchetto era stato condannato un anno fa dal Tribunale di Pavia a 2 anni e mezzo di reclusione per non aver detto la verita’ a Vitelli sui motivi per i quali non aveva sequestrato quella bicicletta che era nella disponibilita’ di Stasi, l’ex fidanzato di Chiara. Anche se hanno dichiarato il reato prescritto, i giudici hanno confermato la provvisionale di 10 mila euro ciascuno liquidata ai genitori e al fratello di Chiara Poggi, che, assistiti dall’avvocato Gian Luigi Tizzoni, denunciarono il carabiniere per falsa testimonianza.[irp]
Secondo l’accusa, Marchetto, comandante della stazione dei carabinieri di Garlasco all’epoca del delitto, avrebbe detto il falso in relazione agli accertamenti sulla bicicletta nera da donna che un testimone sosteneva di avere visto appoggiata al muretto della villa di via Pascoli in un orario compatibile con quello del delitto. In particolare, avrebbe mentito in un’annotazione di servizio in cui attestava la non somiglianza tra quella bici e un’altra nera da donna nella disponibilita’ della famiglia Stasi. Le sue parole portarono gli inquirenti a non sequestrare quest’ultima bici, influenzando le indagini che poi portarono a una doppia assoluzione per l’ex studente bocconiano. “Il quadro probatorio – scrivono i giudici d’appello con motivazioni analoghe a quelle della condanna di primo grado – fornisce prove non equivoche sulla responsabilita’ dell’imputato per il reato ascritto”.[irp]