L’accusa delle Nazioni Unite è netta: al processo saudita che ha condannato otto persone, senza per altro svelare l’identità degli imputati, per l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi quasi due anni fa “è mancata la trasparenza”. Interpellato sul verdetto dall’agenzia di stampa turca Anadolu Rupert Colville, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha detto che si è trattato di una “parodia della giustizia”. “Questo è stato un crimine molto grave e raccapricciante, un crimine orrendo”, ha detto Colville. “Questo è un caso in cui non c’è stata un’adeguata trasparenza nel processo e chiaramente i responsabili dovrebbero essere perseguiti e condannati a pene commisurate al crimine”, ha rimarcato aggiungendo che in questi casi sarebbero appropriate “pene detentive molto lunghe”.
Il 59enne editorialista del Washington Post è stato ucciso e smembrato da sicari arrivati da Riad poco dopo essere entrato nel consolato del suo Paese a Istanbul, in Turchia, il 2 ottobre 2018. Riad ha offerto versioni contrastanti per spiegare la sua scomparsa prima di ammettere che è stato assassinato nell’edificio diplomatico in una “operazione canaglia”. Lunedì il tribunale penale di Riad ha commutato condanne a morte di primo grado infliggendo pene detentive fino a 20 anni a 5 imputati che sono stati “graziati” dalla famiglia del giornalista. In un’intervista al quotidiano saudita al Sharq al Awsat, un’avvocato della famiglia Khashoggi, aveva salutato il verdetto definendolo “giusto e fa da deterrente per futuri criminali”. Non sono in pochi coloro che sono convinti che la famiglia della vittima sono stati “costretti” a perdonare i sicari proprio per risparmiarli della condanna a morte come prevede la legge saudita e come vuole l’establishment del regno.
“Il pubblico ministero saudita ha compiuto un altro atto oggi in questa parodia della giustizia. Ma questi verdetti non hanno alcuna legittimità legale o morale”, ha twittato Callamard, il relatore speciale delle Nazioni Unite. “Sono arrivati alla fine di un processo che non era né giusto né equo, né trasparente”, ha aggiunto. “I cinque sicari sono condannati a 20 anni di reclusione, ma i funzionari di alto livello che hanno organizzato e abbracciato l’esecuzione di Jamal Khashoggi sono usciti liberi fin dall’inizio, a malapena toccati dalle indagini e dal processo”, ha detto Callamard in un altro tweet. “Per quanto riguarda la responsabilità individuale della persona al di sopra dello Stato, il principe ereditario Mohammed bin Salman, è rimasto ben protetto contro qualsiasi tipo di controllo significativo nel suo paese”. Callamard ha sottolineato che la decisione di lunedì non dovrebbe alleviare la pressione sui governi per portare alla luce i veri criminali e ha citato in particolare i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu.
“Più che mai, i servizi segreti statunitensi, incluso il direttore dell’intelligence nazionale, devono pubblicare la valutazione dell’intelligence sulle responsabilità di MBS [Mohammed bin Salman] per l’uccisione di #JamalKhashoggi. Mentre la giustizia formale in Arabia Saudita non può essere raggiunta, dire la verità può”, ha detto l’investigatore delle Nazioni Unite. Callamard, tuttavia, ha accolto con favore la commutazione della pena di morte. “Se tali condanne fossero state eseguite, sarebbero ammontate a uccisioni ancora più arbitrarie da parte dello Stato dell’Arabia Saudita e al silenzio permanente dei testimoni chiave dell’esecuzione”, ha detto. askanews