Due buchi neri, uno di 29 masse solari, l’altro addirittura di 36 si sono scontrati quasi alla velocità della luce e fusi uno nell’altro circa 1 miliardo e mezzo di anni fa in un punto remoto dell’Universo, a circa 1,3 miliardi di anni luce da noi, dando origine a un super-buco nero grande 65 masse solari. La differenza di massa è stata convertita in un’onda gravitazionale, un’increspatura dello spazio-tempo, che propagandosi nell’Universo come l’acqua di uno stagno se vi si lancia un sasso, ha “toccato” il pianeta Terra il 14 settembre 2015. Le onde gravitazionali, teorizzate da Albert Einstein nel 1916 nell’ambito della teoria della relatività sono state rilevate un secolo dopo dagli interferometri del laboratorio Ligo, negli Stati Uniti. La ricerca, alla quale ha contribuito anche la cooperazione franco-italiana Virgo di Cascina, vicino Pisa, ha aperto una nuova frontiera nel campo della fisica astronomica. Per capirne la portata, Askanews ha incontrato al Politecnico di Milano l’astrofisico Matteo Barsuglia del Centre National de la Rechereche scientifique di Parigi che ha partecipato alla scoperta. “Per 4 secoli – ha spiegato lo scienziato italiano – si è fatta astronomia con le onde elettromagnetiche. Con strumenti sempre migliori, abbiamo osservato l’Universo sempre con le onde elettromagnetiche, ora arriva un ‘messaggero cosmico’ totalmente diverso dalla onde elettromagnetiche”. “Le informazioni che portano le onde gravitazionali sono complemetari e alternative a quelle che portano le onde elettromagnetiche e lo si vede sunito da questa scoperta del 14 settembre 2015. Si è vista la fusione di due buchi neri, un evento mai visto prima. Ci sono già scoperte astronomiche che non erano state possibili prima con le onde elettromagnetiche”. La prova della distorsione spazio-temporale evoca scenari fantascientifici di viaggi intergalattici, come nel film Interstellar. Ma sarà davvero possibile, un giorno, fare cose del genere? “È difficile oggi estrapolare come la nostra civiltà proiettata fra decine o centinaia di anni potrebbe usare le onde gravitazionali – ha concluso Barsuglia – chissà magari qualcosa inventeremo non è facile. Per ora la rivoluzione, dal punto di vista dell’astrofisica, non bisogna sottovalutarla. Qui non esito a parlare di rivoluzione, perché abbiamo osservato l’Universo per 400 anni ora possiamo ascoltarlo”.