Onu a Israele: fermate colonizzazione, storica astensione Usa. L’ira di Netanyahu: “No, andremo avanti”

Onu a Israele: fermate colonizzazione, storica astensione Usa. L’ira di Netanyahu: “No, andremo avanti”
24 dicembre 2016

E’ scontro a distanza tra Usa e Israele. Ad accendere la miccia il veto posto per la prima volta dagli Stati Uniti alla risoluzione che chiede a Israele di fermare le sue attività di colonizzazione nei Territori palestinesi e a Gerusalemme Est, adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite . E così una nota del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu fa sapere con rabbia che il suo Paese non si adeguerà alle richieste della risoluzione: “Israele respinge questa vergognosa risoluzione anti-israeliana presso l’Onu e non si adeguerà ai suoi dettami”. Ma andiamo con ordine. Gli Stati uniti, per non aver posto il veto per la prima volta a una risoluzione di questo genere astenendosi, il documento è passato con 14 voti a favore sui 15 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Un applauso ha accompagnato l’adozione del testo.

NO DEGLI USA La bozza era stata presentata da Nuova Zelanda, Malaysia, Senegal e Venezuela, intervenuti dopo che l’Egitto, dietro pressione del presidente eletto Usa, Donald Trump, aveva ritirato la bozza. “Gli Stati Uniti – ha spiegato Samantha Jane Power, ambasciatrice americana al Palazzo di vetro – non approvano ogni parola di questa risoluzione, per questo non abbiamo votato a favore”, ma Washington, rompendo con un passato fatto di veti, si è astenuta “per non intaccare la soluzione che abbiamo sempre sostenuto (per Israele e Palestina): una soluzione dei due Stati”. Power ha spiegato che gli Usa non hanno appoggiato la risoluzione “perché è concentrata sulle colonie. Lasciatemi essere chiara: anche se ogni insediamento fosse smantellato domani, la pace non sarebbe raggiungibile”. L’amministrazione Obama ha rivolto così un chiaro segnale di frustrazione verso un Paese, Israele, le cui politiche sono viste dal 44esimo presidente Usa come non costruttive per un processo di pace che è fallito due volte nel corso del suo mandato.

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GRAVE AFFRONTO “Gli Stati Uniti hanno abbandonato Israele, il suo unico alleato in Medio Oriente”, ha commentato il ministro israeliano Yuval Steinitz subito dopo il voto. “Il cuore soffre dopo otto anni di amicizia e cooperazione con Obama, questo è il suo ultimo gesto ” prima di lasciare il suo incarico. Ma il presidente eletto Donald Trump ha subito avvertito l’Onu: dal 20 gennaio, quando ci sarà il suo insediamento alla Casa Bianca, “le cose saranno diverse”. Immediato anche il commento da parte palestinese: il voto del Consiglio di Sicurezza Onu è un “grave affronto” per Israele, ha detto un responsabile della presidenza palestinese. La “storica risoluzione” si è dimostrata anche “un importante sostegno alla soluzione dei due stati”, ha detto il portavoce Nabil Abu Rudeina. Per essere adottata, una bozza di risoluzione ha bisogno di almeno nove voti dei 15 membri del consiglio di sicurezza Onu e nessun veto dai cinque permanenti: Usa, Russia, Cina, Francia e Regno Unito. Israele ha inoltre annunciato rappresaglie diplomatiche nei confronti del Senegal e della Nuova Zelanda, due dei paesi che hanno spinto per un voto sulla risoluzione.

DIRITTO DI VETO Lo Stato ebraico non ha relazioni con gli altri due paesi promotori, Malaysia e Venezuela. Il fatto è che l’amministrazione Obama si è mostrata sempre più insofferente nei confronti dell’espansione delle colonie in Cisgiordania, che Israele occupa da circa 50 anni. Ci sono stati crescenti segnali che la costruzione di nuovi insediamenti stia erodendo le possibilità della soluzione a due stati del conflitto israelo-palestinese, che è la base di decenni di negoziati. Washington da sempre tende a scudare la posizione di Israele nell’Onu, anche usando il suo diritto di veto. E’ il più importante alleato dello Stato ebraico e fornisce oltre 3 miliardi di dollari all’anno in aiuti per la difesa. Obama tuttavia ha avuto rapporti spesso tesi con Netanyahu e c’erano segnali che, prima della fine del suo mandato il 20 gennaio, avrebbe consentito il passaggio della risoluzione. Più favorevole al premier israeliano sembra invece il presidente eletto Trump, il quale ha nominato ambasciatore nel paese David Friedman, favorevole al trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme e sostenitore aperto dell’espansione degli insediamenti.

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