Open Arms, il tribunale di Palermo assolve Matteo Salvini: “Il fatto non sussiste”

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Matteo Salvini

Dopo tre anni di udienze e un dibattimento che ha catturato l’attenzione nazionale e internazionale, Matteo Salvini, leader della Lega e attuale ministro dei Trasporti, è stato assolto dalle accuse di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. La sentenza è stata emessa dalla seconda sezione penale del tribunale di Palermo, presieduta da Roberto Murgia, con giudici a latere Andrea Innocenti ed Elisabetta Villa, nel corso dell’udienza finale tenutasi nell’aula bunker del carcere Pagliarelli.

Salvini era sotto processo per aver impedito, nel mese di agosto del 2019, all’Ong spagnola Open Arms di far sbarcare 147 migranti, un atto che i pubblici ministeri avevano definito come “sequestro di persona aggravato” e “rifiuto di atti d’ufficio”. Tuttavia, dopo otto ore di camera di consiglio, il tribunale ha stabilito che “il fatto non sussiste”, assolvendo completamente il vicepremier. Fin dalle prime ore del mattino, Salvini si era presentato in aula, accompagnato dal suo legale di fiducia, l’avvocato Giulia Bongiorno. Con determinazione e senza timore, il leader della Lega ha ribadito più volte il suo orgoglio per aver difeso i confini nazionali. “Sono assolutamente orgoglioso di quello che ho fatto, ho mantenuto le promesse fatte, ho contrastato l’immigrazione di massa. Qualunque sia la sentenza per me, oggi è una bella giornata perché sono fiero di avere difeso il mio Paese,” ha dichiarato Salvini.

“Ci abbiamo messo un po’ ma ci siamo arrivati”

Salvini era imputato con l’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Reati commessi, secondo la procura di Palermo, nell’agosto 2019, quando Salvini – all’epoca ministro dell’Interno del primo governo Conte – impedì lo sbarco a Lampedusa di 147 migranti soccorsi nel Mediterraneo dalla ong spagnola Open Arms e rimasti e bordo della nave per 19 giorni. Salvini, rischiava sei anni di carcere: a tanto ammontava la richiesta di pena formulata per lui dai pm di Palermo. “Dopo tre anni ha vinto il buon senso, ha vinto la Lega, ha vinto l’Italia, ha vinto il concetto che difendere i confini e difendere la patria, contrastare scafisti, trafficanti, Ong straniere, e proteggere i nostri figli non è un reato ma è un diritto. Ci abbiamo messo un po’ ma ci siamo arrivati, Quindi vado avanti ancora più determinato di prima”, aveva cantato vittoria il vicepremier subito dopo la sentenza, non prima di aver lungamente abbracciato i suoi avvocati e gli altri esponenti della lega presenti in sala, in primis Bongiorno, mentre la sua fidanzata Francesca, seduta qualche fila più indietro, molto commossa alla lettura della sentenza, si alzava e correva anche lei ad abbracciare il vicepremier.

“Questa sentenza non assolve solo Matteo Salvini ma assolve un’idea di Paese. Entrare in Italia – aveva sottolineato il leader della Lega – prevede delle regole, dei limiti, dei controlli e chi usa gli immigrati per fare battaglie politiche oggi ha perso. Oggi torna in Spagna con le mani in saccoccia. Mi spiace tanto per loro”. “Abbiamo rischiato, sì – aveva ammesso Salvini -, d’altronde, chi nella vita non rischia non va da nessuna parte” ma “oggi il tribunale di Palermo ha detto che abbiamo fatto il nostro dovere, che contrastare l’immigrazione di massa, contrastare l’invasione organizzata e finanziata non è un reato ma un diritto”. Una vittoria piena, totale, delle ragioni della difesa, come sottolineato anche da Giulia Bongiorno. “E’ una sentenza di assoluzione con il primo comma dell’articolo 530, che è l’assoluzione piena. In genere viene data l’assoluzione col secondo comma, quando la prova è contraddittoria, invece tra le formule assolutorie è stata scelta quella più piena, non c’è una prova contraddittoria ma c’è una prova piena che non sussiste alcun reato. Non si tratta di una assoluzione con qualche se e con qualche però, ma di una sentenza di grandissima assoluzione”.

Da un pranzo tipico alla visita culturale

Salvini, accompagnato dalla fidanzata Francesca Verdini e alcuni membri del suo staff, in attesa della sentenza prevista nel tardi pomeriggio, ha gustato un pranzo a base di specialità locali come arancine, sfincioni, pizze al taglio e anelletti al forno in un noto ristorante del centro. Il gruppo ha camminato poi quasi 2 km lungo via Roma fino a raggiungere piazza San Domenico. Qui, hanno visitato la chiesa che custodisce le spoglie di Giovanni Falcone, simbolo della lotta alla mafia. Successivamente, Salvini si è diretto al Palazzo dei Normanni, uno dei monumenti storici più importanti della città, mentre attende la sentenza del processo Open Arms.

La visita ha incluso le Sale Duca di Montalto, attualmente sede di una mostra dedicata a Picasso organizzata dalla Fondazione Federico II, nonché le sale Mattarella e La Torre, situate al piano parlamentare. Il giro è culminato nella Sala d’Ercole, dove Salvini ha potuto osservare una pausa nei lavori del Parlamento siciliano, che in questi giorni sta discutendo la Finanziaria. Durante questa occasione, il leader della Lega ha avuto modo di salutare i deputati del suo gruppo parlamentare e il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Gaetano Galvagno.

Un bicchiere di vino rosso e la fidanzata Francesca

“Non è una sentenza contro i migranti – aveva poi rimarcato Bongiorno -, è una sentenza contro chi sfrutta i migranti”. Tuttavia la decisione del Tribunale di Palermo non cancella, a detta di Salvini, i problemi della giustizia italiana. “Ringrazio questi tre giudici del tribunale di Palermo”, però “non mi dimentico dei 30mila italiani che sono stati ingiustamente carcerati e quindi una profonda riflessione, cioè una riforma, sul sistema giustizia, e lo dico da assolto e felice, va fatta. Perché io poi ho la fortuna di avere un bravissimo avvocato e le spalle larghe”, ma “se qualcuno finisce in quel tritacarne è un problema”. E quando andrebbe fatta?, gli hanno chiesto i cronisti. “Il prima possibile”, ha tagliato corto il vicepremier.

In serata, in un albergo dove ha appena registrato con Bruno Vespa, la trasmissione “Cinque minuti”, e con a fianco la fidanzata Francesca Verdini e in mano un bicchiere di vino rosso, il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini racconta ai cronisti cosa ha provato quando i giudici hanno pronunciato la sentenza: “Quei 30 secondi, quando il giudice entra e legge il dispositivo, quando il confine tra la soluzione la condanna, fra colpevole e innocente, è sottile, io non li auguro agli avversari – ha detto Salvini -. Io a processo uno di sinistra non ce lo manderei, non glielo auguro”.

La decisione del tribunale ha suscitato reazioni contrastanti. Da una parte, i sostenitori di Salvini e della politica dei “porti chiusi” hanno accolto la notizia con entusiasmo, vedendola come una conferma della legittimità delle azioni intraprese dall’allora ministro dell’Interno. Dall’altra, le organizzazioni non governative e i gruppi a favore dei diritti umani hanno espresso disappunto, sottolineando che la difesa dei confini non dovrebbe mai prevalere sui diritti fondamentali delle persone. La sentenza di oggi chiude un capitolo importante della recente storia politica italiana, ma apre il dibattito su come gestire i flussi migratori nel rispetto delle leggi e dei diritti umani. Il processo Open Arms ha messo in luce le tensioni tra sicurezza nazionale e diritti umani, un tema che continuerà a essere al centro del dibattito politico e giuridico italiano.