Operazione antimafia a Palermo, arrestate 10 persone
I carabinieri di Palermo hanno arrestato 10 persone ritenute a vario titolo responsabili di associazione…
I carabinieri di Palermo hanno arrestato 10 persone ritenute a vario titolo responsabili di associazione mafiosa, estorsione aggravata, furto aggravato, violazione delle prescrizioni imposte dalle misure preventive. L’indagine, seguita da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, costituisce un’ulteriore fase investigativa condotta sul mandamento mafioso di Palermo Tommaso Natale che ha consentito di comprovare l’operatività del clan di Cosa nostra.
I magistrati hanno documentato come i membri del clan mafioso vivessero negativamente la reggenza del mandamento da parte di Francesco Paolo Liga e riponessero fiducia e grandi aspettative per un rinnovato potenziamento di Cosa nostra nella scarcerazione, nel febbraio 2017, del boss Giulio Caporrimo, di cui elogiavano la capacità di comando, il carisma e l’influenza nella dinamiche mafiose.
In effetti, gli equilibri mafiosi si erano spostati immediatamente a favore dello stesso Caporrimo e di Nunzio Serio, con un evidentemente ridimensionamento di Liga, senza che quest’ultimo venisse comunque esautorato.
Dopo il nuovo arresto di Caporrimo, le redini del mandamento mafioso passarono definitivamente a Serio, sino al suo arresto avvenuto nel maggio 2018. Proprio in quel mese, il 29 maggio, si riunì per la prima volta dopo l’arresto di Salvatore Riina, la ricostituita commissione provinciale di Cosa nostra palermitana, a cui partecipava Calogero Lo Piccolo, nuovo rappresentante del mandamento di Tommaso Natale, poi tratto in arresto nel gennaio 2019. Nel corso delle indagini venivano monitorati diversi incontri tra Caporrimo e Serio avvenuti, in alcune occasioni, anche al largo delle coste palermitane, sui rispettivi gommoni.
Le microspie registravano uno spaccato anche pittoresco della vicenda, con il primo che lamentava uno scadimento sempre maggiore dei costumi del luogo per la presenza delle moto d’acqua che scorrazzavano nei pressi dei bagnanti di Sferracavallo. Il capomafia raccontava di essere intervenuto personalmente nei confronti di alcuni utilizzatori delle moto d`acqua, originari dei quartieri di Brancaccio e di Pagliarelli, i quali, riconoscendolo, avevano tenuto un comportamento remissivo, tanto da essersi di seguito spostati sulla zona di Mondello, dall’altro lato della riserva di Capo Gallo, perché a Sferracavallo “c’era lo zio in porto”. Sette gli episodi di estorsione condotti o tentati, e documentati dagli inquirenti. In due circostanze, le vittime hanno denunciato spontaneamente quanto accaduto.