Le opposizioni scelgono l’Aventino contro l’Italicum, ma il premier Matteo Renzi non si scompone e dice: “Andiamo avanti, non finiremo nella palude”. La decisione della maggioranza Pd, di sostituire dieci membri della minoranza in commissione Affari costituzionali con altrettanti deputati più “obbedienti” verso le decisioni del gruppo, ha scatenato le proteste di tutti i gruppi di opposizione, da M5s a Sel a Fi, alla Lega, che oggi hanno disertato i lavori, promettendo di riproporre la battaglia in aula. Le accuse all’indirizzo di Renzi e del governo vanno da “attentato alla democrazia” a “metodo sovietico”. “Usciamo dalla commissione per difendere la democrazia da un atto autoritario”, ha spiegato Danilo Toninelli, M5s, secondo il quale la sostituzione di dieci deputati della minoranza Pd dimostra come la discussione fosse “solo una farsa di burattini che dovevano votare a comando”. “Un organo così importante come la commissione non può essere trattato come una dependance del Pd, la sostituzione dei deputati della minoranza è un atto in pieno stile sovietico”, ha rincarato Arturo Scotto di Sel. Governo e maggioranza però non intendono farsi fermare e anche per questo Renzi e il vicesegretario Pd, Lorenzo Guerini, oggi hanno voluto rinsaldare i rapporti nella maggioranza incontrando Scelta civica e riconoscendo un ruolo anche a Pi-Cd.
Quindi il premier ha chiarito su Facebook il suo pensiero: “Fermarsi oggi” sulla legge elettorale “significherebbe consegnare l’intera classe politica alla palude e dire che anche noi siamo uguali a tutti quelli che in questi anni si sono fermati prima del traguardo. Ma no, noi non siamo così”. Dunque “è tempo di decidere: avanti, su tutto”. Intanto il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, che ha partecipato alla riunione della commissione, ha replicato a tono alle opposizioni: “Non capisco perché abbandonino i lavori della commissione” sull’Italicum. “Credo che abbiano poca dimestichezza con le regole della democrazia. Il confronto in commissione c’è stato in questi 13 mesi, nei due rami del Parlamento, e proseguirà ancora. Il governo ha dimostrato di accogliere molte delle proposte di modifiche dei gruppi, peraltro è un provvedimento del Parlamento e non del governo”. Quanto alle sostituzioni della minoranza dem, Emanuele Fiano è stato altrettanto netto: “In Commissione si rappresenta il gruppo e bisogna rispettare il rapporto maggioranza-minoranza, la democrazia senza principio di maggioranza non esiste, sennò non si decide mai”.
Gli “aventiniani” hanno ritirato i loro emendamenti presentati e così si concluderà in anticipo l’iter in commissione, già domani verrà votato il mandato al relatore e dal 27 la riforma elettorale approderà nell’Aula di Montecitorio. Lì verrà rilanciata la battaglia delle opposizioni. Fi, in particolare, minaccia di tentare il blitz chiedendo il voto segreto se il governo metterà la fiducia: “Ora se la cantano e se la suonano da soli, ma in aula il 27 le opposizioni faranno sentire la loro voce, la loro forza e la loro voglia di difendere la democrazia. Ripresenteremo tutti i nostri emendamenti e chiederemo il voto segreto”, promette Renato Brunetta. Al quale replica con toni insolitamente aggressivi la ministra Boschi: “Non comprendo la richiesta di voto segreto da parte di Fi sull’Italicum, a meno che non siano in imbarazzo rispetto al voto favorevole al Senato”. Quanto alla fiducia Boschi continua a giurare che “è prematuro parlarne”. Il rischio però che nel segreto dell’urna si possano saldare tutti i maldipancia verso la riforma e verso il premier esiste anche se Guerini sparge ottimismo: “E’ un passaggio delicato, ma il governo non corre nessun pericolo”.