Ora Renzi detta la linea anche alla Ue
È l’Europa il primo tavolo su cui Matteo Renzi può far pesare il suo enorme successo. Non è un caso che nella conferenza stampa di commento del voto (una conferenza stampa senza slide, in stile statista) il premier faccia riferimento proprio alla prospettiva comunitaria; sottolinei subito che l’Italia «è un Paese migliore di quel che pensiamo, è più forte delle paure che l’attraversano e adesso è in grado di incidere in Europa». E immediatamente ricordi la data del prossimo primo luglio, l’inizio della presidenza italiana del semestre Ue. La prospettiva è quella, dunque. Renzi vuol far vedere a Bruxelles la sua forza trainante. E infatti proprio oggi volerà nella capitale europea per un vertice con gli altri capi di governo, incontro fissato da tempo ma che ora assume una importanza particolare. Il premier italiano ci arriva con l’oltre il 40 per cento dei consensi e una delegazione Pd più corposa all’interno del Pse: adesso è diventata la prima con 31 deputati, l’Spd tedesca ne ha quattro di meno.
Vuol dire che il Pd di Renzi diventa determinante in un momento in cui tutti scendono. Con questo risultato è cambiata la prospettiva. Finora era l’Italia che andava a ruota della Francia nella speranza di ammorbidire la Germania sulla linea dell’austerità. Ora è il contrario, è Hollande che spera di aggrapparsi al treno Renzi. Questo vuol dire che il segretario del Pd può scegliere come giocare nelle prossime tre partite. Nella prima, può rivendicare la guida del gruppo Pse, visto che è il maggiore rappresentante. Nella seconda, può chiedere la guida del Parlamento europeo, anche se il suo candidato naturale, Gianni Pittella (che è vicepresidente adesso) non è quello che ha più chance. La terza è quella più delicata. Renzi può chiedere una posizione di primo piano all’interno della commissione europea. La Francia pretenderà di avere il commissario più importante, quello agli Affari economici, l’uomo che fa davvero la politica economica dell’Unione.
Fino ad oggi, il commissario Olli Rehn è stato il nostro “bacchettatore”. Per questo, per il fatto che l’Italia sia una dei sorvegliati speciali, quella posizione ci è stata preclusa a prescindere, direbbe Totò. Stavolta ce la possiamo invece giocare, anche se la principale obiezione che ci verrà mossa è quella che italiano è già il governatore della Bce, Mario Draghi. Fin qui gli equilibri di potere che verranno decisi nei prossimi giorni. Poi ci sono le questioni politiche. Renzi insiste perché adesso l’Europa si concentri sulla crescita. Per esempio, ponendo gli investimenti fuori dalle rigidità del patto di stabilità. Altro appuntamento importante, che cade proprio in mezzo alla presidenza italia del semestre Ue, sarà la revisione del Fiscal compact, il patto finanziario per tenere sotto controllo i bilanci degli Stati. Finora la Germania è stata inflessibile, anche con Renzi. Ma se il premier si presenta dopo l’estate con un bel pacchetto di riforme fatte, forte di un consenso popolare che ha ben pochi paragoni in Europa, sarà ben difficile opporgli altri no. Già, le riforme. Da dove ripartire?
Anzitutto da quelle che sono sul tappeto. In settimana il Consiglio dei ministri potrebbe varare il pacchetto delle semplificazioni fiscali. Si tratta di un testo che era già pronto una decina di giorni fa, ma il governo preferì soprassedere per evitare che venisse considerata una riforma elettoralistica. Ora il testo può approdare a palazzo Chigi, che dovrebbe dare il via libera alla dichiarazione dei redditi precompilata e a una serie di eliminazione di passaggi burocratici. Il passo successivo sarà quello della riforma della Pubblica amministrazione. Sul calendario, la data prestabilita è il 13 giugno, al termine di una consultazione pubblica che è stata avviata sul sito del governo. Quel giorno, tuttavia, oltre alla legge delega, potrebbe essere varato anche un decreto per dare immediatamente una scossa al settore.
Quindi toccherà alle imprese. Al ministero dello Sviluppo economico si sta lavorando per intervenire sulle bollette energetiche, per ridurle, in particolare quelle a carico delle piccole e medie imprese. Un dossier sul quale sta lavorando la ministra Guidi, attraverso un continuo confronto con gli operatori. E poi i tavoli di crisi, gli investimenti esteri: il filo conduttore sarà sempre la conservazione del tessuto produttivo nazionale, la crescita, i nuovi posti di lavoro. Nemmeno i collaboratori del premier si spingono oltre. Perché l’uomo, si sa, è alquanto imprevedibile.