Il Pd siciliano non ha nessuna intenzione di assumersi la responsabilità di sfiduciare Rosario Crocetta. Sarebbe una grande responsabilità politica dai risvolti imprevedibili. Per certi versi letali, soprattutto per i ventiquattro deputati regionali che sarebbero costretti a tornare a casa. Non a caso tra alcuni dirigenti Democratici isolani si va consolidando l’ipotesi che a staccare la spina può essere solo Matteo Renzi. E, in queste ultime ore, il pressing dei vertici del partito ne danno conferma. Il vice segretario Debora Serracchiani: “Si rischia di logorarsi” e “una agonia politica il Pd non può permettersela”. Matteo Orfini: “Il segretario siciliano del Pd non esclude alcuno scenario. La sfiducia al governatore? Quando dico valutare ogni scenario dico questo”. Una dichiarazione, quella del presidente dei Dem, che in pratica, boccia senza mezzi termini il totale sostegno a Crocetta annunciato alla stampa pochi giorni fa da Fausto Raciti (“Non ci sono ragioni per interrompere la legislatura”), proprio il segretario del partito in Sicilia. Insomma, Renzi sembra aver preso il timone in mano della crisi in Sicilia. Timone che fino a qualche giorno fa era nelle mani di Davide Faraone che – come sostengono i bene informati – avrebbe tirato troppo la corda. Intanto, il governatore Crocetta tira dritto in barba a tutti. E’ pronto alla battaglia che già potrebbe avere i primi risvolti oggi con la sua assenza in parlamento. Sulla base dell’ordine del giorno dell’Assemblea regionale siciliana, oggi, infatti, il presidente della Regione dovrebbe riferire in aula sulle intercettazioni del “caso Tutino” e sullo stato di salute della maggioranza.
Ma nulla appare scontato: non è certo se il governatore si presenti. “Ne parlerò col presidente Ardizzone”, ha fatto sapere. E se Crocetta dovesse “marinare” il parlamento, le opposizioni sono pronte a dare battaglia. “Occuperemo l’aula”, dice il capogruppo di Forza Italia, Marco Falcone. Al Pd, frattanto, scoppia un’altra grana. Con le dimissioni dall’Assemblea regionale siciliana del deputato Fabrizio Ferrandelli, dovrebbe subentrare il primo dei non eletti nel collegio palermitano ma che poi è stato eletto alla Camera. Si tratta di Faraone, il sottosegretario all’Istruzione. Ma il fido di Renzi abbandonerebbe la poltrona per fare il deputato regionale? Manco a pensarlo. Dopo il sottosegretario, il primo dei non eletti è Francesco Riggio, avvocato palermitano che però è coinvolto nello scandalo della Formazione siciliana. Arrestato e ora sotto processo per associazione per delinquere e corruzione e indagato in altri filoni dell’inchiesta sulla truffa degli enti di formazione. La Corte dei conti ha sequestrato a Riggio beni per 5 milioni di euro. Riggio, figlio dell’ex senatore democristiano Nino, era, tra l’altro, vicino all’ex deputato regionale Pd Gaspare Vitrano, condannato per concussione a sette anni di carcere per avere intascato una mazzetta sul fotovoltaico. Proprio Vitrano ha supportato la campagna elettorale di Riggio nel 2012. A questo punto, per frenare sul nascere la valanga di polemiche, la direzione del Pd siciliano, fa sapere che “le vicende giudiziarie successive alle elezioni regionali hanno reso Francesco Riggio incompatibile con il Partito Democratico”. Quindi, si continua a scalare… Infine, si arricchisce di una puntata il giallo delle intercettazioni del “caso-Tutino”. Questa volta è il procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci, a ribadire “che agli atti in nostro possesso, che siano registrazioni ambientali o telefoniche, non esiste quella intercettazione”. La telenovela continua.