Volkswagen, l’Italia rischia buco fiscale da 700 milioni di euro

di Enzo Marino

La vicenda della Volkswagen è stato “un colpo duro alla fiducia” e “temo che abbia delle conseguenze. Mi auguro le abbia limitate perché a catena ci potrebbero essere effetti sull’industria italiana che apparentemente non ha colpa”. Lo ha affermato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, secondo il quale ci potranno essere effetti in generale per “l’Europa che sta facendo molta fatica a uscire dalla crisi generale”. In soldoni, il sistema fiscale italiano rischia un buco di oltre 700 milioni di euro per le possibili ripercussioni sul mercato dello scandalo Volkswagen. Il dato emerge da una elaborazione Adnkronos su eventuale calo di oltre il 30% nelle immatricolazioni degli ultimi mesi del 2015, dato considerato plausibile dagli esperti del settore. In questo caso infatti il mercato italiano – che nei primi otto mesi aveva messo a segno un +15% con 1.065.556 immatricolazioni – mancherebbe nettamente il ritorno sopra quota 1,5 milioni a fine anno: con una perdita del 30% delle immatricolazioni, sulle incertezze dei consumatori, il totale dell’anno non sarebbe più di 1,530 milioni di unità (ultime stime) ma si fermerebbe a quota 1,39 milioni, con un incremento minimo sul risultato del 2014 (1,36 milioni).

In Italia i motori diesel truccati della Volkswagen, secondo il viceministro ai Trasporti, Riccardo Nencini, è attendibile “una previsione di massima indica circa un milione di veicoli coinvolti. Sono in corso controlli per verificare il danno provocato anche nel nostro Paese”. Intanto le autorità svizzere hanno annunciato di aver sospeso temporaneamente la vendita dei modelli della Volkswagen con motori diesel, potenzialmente equipaggiati con il software in grado di ingannare i test ambientali. Circa 180mila vetture prodotte da Audi, Seat, Skoda e VW tra il 2009 e il 2014 potrebbero essere coinvolte nello scandalo, ha indicato l’Ufficio stradale federale in una nota ufficiale. La giapponese Suzuki, inoltre, ha venduto la quota rimanente di azioni Volkswagen in suo possesso, pari all’1,5%, a Porsche, per una somma non comunicata. La quota di Porsche in Volkswagen salirà al 52,2% dopo il trasferimento. Ieri ha preso subito la guida di Volkswagen, Matthias Mueller: “Usciremo da questa crisi ancora più forti di prima”. Sono queste le prime parole del nuovo Ceo della casa tedesca, nominato dal supervisory board al posto del dimissionario Martin Winterkorn, come era previsto.

Come riporta il Financial Time, l’Unione Europea sapeva. E’ a conoscenza da almeno due anni delle manipolazioni dei test sulle emissioni. A lanciare l’allarme un rapporto del 2013 del “Joint Research Centre” della Commissione Europea che evidenziava l’incapacità degli organismi comunitari di tenere sotto controllo l’industria automobilistica. Lo scrive oggi lo stesso principale giornale economico-finanziario del Regno Unito, segnalando come nel documento si ponesse l’attenzione sui problemi posti da dispositivi – peraltro illegali in Europa dal 2007 – in grado di alterare i risultati delle emissioni. Il rapporto del centro di ricerca invitava a testare su strada le auto diesel invece che in laboratorio, dal momento che “i sensori e i componenti elettronici nelle auto moderne sono in grado di rilevare l’inizio di una prova di emissioni in laboratorio”. Questi dispositivi, si indicava con estrema precisione, possono attivare, modulare, ritardare, o disattivare i sistemi di controllo. Al contrario, continuava il rapporto, i test condotti su strada inequivocabilmente indicano che i veicoli superano i limiti delle normative attuali. Sono passati quindi diversi anni (i primi dati risalgono al 2011) da quando la Commissione Ue è a conoscenza di quanto stava accandendo in Volkswagen. Un fatto, questo, che sembra rendere il caso ancora più complesso.

Articolo aggiornato alle 19:11

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