“Chiedo verità su quanto accaduto”. Così ha detto in una dichiarazione al Tg1, Francesca Dall’Oglio, sorella di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita rapito a Racca, in Siria, il 29 luglio del 2013. Da quel giorno il missionario costruttore di dialogo tra popoli e religioni è stato “inghiottito in un buco nero”, come scrive il quotidiano In Terris, il notiziario web che è ‘La voce degli ultimi’. Nell`autunno dello scorso anno – si ricorda – la Procura di Roma ha chiesto l`archiviazione dell`inchiesta relativa alla scomparsa del sacerdote, data l`impossibilità di accertarne la sorte.
Nato a Roma nel 1954, gesuita, dopo aver studiato l`arabo, padre Dall`Oglio – scrive In Terris – all`inizio degli anni Ottanta ricostruisce l`antico monastero di Mar Musa, a nord di Damasco, dove nel 1991 fonda, insieme a padre Jacques Moraud, siriano, la comunità monastica consacrata al dialogo islamo-cristiano “al-Khalil di Deir Mar Musa”. Lì, nel monastero incastonato nella regione montuosa del Qalamun, lo scopo di padre Dall`Oglio e dei suoi confratelli è quello di “tradurre in atto la visione dell`accoglienza di Abramo e l`interesse per l`ambiente (à), per uno sviluppo sostenibile, e a lavorare con pazienza per la costruzione di una società civile matura, garanzia di una democrazia non solo formale”, come lui stesso scrive in una lettera. La figura del monaco, osservava padre Dall`Oglio, deve essere quella di “un servo e un attivatore del lato spirituale in tutta la nostra vita”.
Dopo trent`anni in Siria, il gesuita viene raggiunto da un decreto di espulsione, per via delle sue posizioni critiche verso il regime di Damasco e nel 2012 lascia il Paese. L`anno dopo vi rientra per due volte e dal 29 luglio di dieci anni fa non si hanno più notizie certe sulla sua sorte. Nel decennale della sparizione di padre Dall`Oglio, Interris.it ha intervistato il presidente dell`associazione Giornalisti amici di padre Paolo Dall`Oglio, Riccardo Cristiano, autore del libro “Una mano da sola non applaude. La storia di Paolo Dall`Oglio letta nell`oggi”, edito da Àncora. Perché ha scelto questo titolo per il suo libro? “Poco prima che Paolo rientrasse clandestinamente in Siria – quella liberata, a Raqqa, dove non c`era più il regime e però cominciava a sentirsi ingombrante e ostile la presenza dell`Isis – mi venne a trovare in redazione. Durante la nostra intervista mi parlò di questo proverbio arabo: `Una mano da sola non applaude`. L`altra è la mano di Dio? Non lo so. Certo ogni progetto monista, cioè ogni visione che nega il pluralismo, va contro questa elementare verità. E` così dai tempi della Torre di Babele, distrutta nella sua pretesa di eliminare il pluralismo dal progetto divino. La verità di questo proverbio è dunque profonda, ma subito accessibile a tutti nel suo significato evidente, come è per tutte le verità profonde”.
Cristiano poi spiega: “Io non sono un amico storico di Paolo, in verità ne ho sentito parlare per la prima volta nel 2000 e poi l`ho risentito nel 2011. Nel 2012, quando il regime di Assad lo espulse dalla Siria perché si era permesso di esprimersi liberamente, come consentito a tutti dallo stesso regime in seguito all`accordo che stipulò con l`inviato dell`ONU, Kofi Annan, venne a Roma. E` qui che ci siamo conosciuti. Lo sono andato a trovare nel suo monastero di Cori e ho subito sentito che le parole di un jihadista armato di tutto punto al quale lui aveva chiesto la liberazione di ostaggi cristiani, dicendogli che il Paradiso è uno solo, e cioè `tu mi sei entrato nel cuore`, erano vere anche per me. E` una sensazione strana, da quel giorno mi è sembrato che conoscessi padre Paolo da sempre. Da allora e per circa un anno ci siamo sentiti tutti i giorni o quasi, discutendo di Siria e della nazione nuova. Da quando uscì dal Paese, divenne il portavoce di un popolo senza voce, un popolo deportato come Paolo e seviziato come i siriani rimasti in patria. Paolo, un monaco, è diventato l`ambasciatore della rivoluzione tradita da tutti e io quella stagione la ricordo, minuto dopo minuto”.
“Paolo è una delle poche persone che ho conosciuto che non aveva bisogno della paura. La paura è un collante fenomenale e la usiamo proprio per questo. Lui già negli anni Ottanta aveva capito che il muro di Berlino stava per crollare e che presto avremmo rischiato di affrancarci dalla paura, dunque sarebbe stato costruito un nuovo nemico: l`islam. Il discorso vale anche per loro, Bin Laden ha fatto esattamente questo. Così Paolo scelse di andare sulla frontiera islamo-cristiana, il Levante, un mondo che se non torna cosmopolita finirà di morire, suicida. Quindi negli anni Ottanta ha cominciato il suo cammino arabo, per diventare arabo, e c`è riuscito. Era un arabo non solo perché parlava quella lingua, ma perché era entrato in quella cultura, in quella storia. Dunque è diventato un arabo cristiano, ma senza pregiudizi contro i musulmani. Capiva come Gesù in persona lo chiamasse ad amare i musulmani, quindi l`Islam”. Così dice in una intervista al quotidiano In Terris, Riccardo Cristiano, amico di padre Dall’Oglio.
“Paolo è tra i pochi europei che ha scritto che l`Alleanza c`è anche nel Corano e forse Ismaele indica che c`è un`elezione anche nell`esclusione. Islam poi non vuol dire `sottomissione`, letteralmente vuol dire `abbandono`, abbandono a Dio. E` molto diverso e si inserisce perfettamente nella tradizione abramitica: Abramo, l`amico di Dio, non il sottomesso. E` stata una lunga storia teologica islamica che, per via del desiderio di sottomissione a se stessa, al proprio potere, ha cambiato il senso di questo vocabolo. Dunque chi trasforma l`islam in sottomissione si uniforma a una teologia che ha inteso trasformare l`islam. Ma l`Islam popolare è con il mondo plurale, non contro, e infatti l`Islam popolare ha capito padre Dall`Oglio, ha capito il suo amore sincero, nel nome del pluralismo del progetto divino che in Gesù gli chiedeva di amare i musulmani. Dunque la duplicità c`era, evidente, come c`è in ogni innamorato. In lui poi c`erano altre duplicità, era un mistico con l`urgenza del fare sociale così come un intellettuale dedito al lavoro manuale. Tutto questo gli era naturale e lo rendeva una calamita, perché l`uomo senza duplicità, almeno a me, risulta arido, monocorde, statico, rigido”.
Dopo dieci anni senza notizie sul suo destino, in che modo padre Dall`Oglio ci parla ancora oggi? “Dall`Oglio aveva capito tantissime cose, impossibile dirle tutte. Cito quella per me più importante: gli opposti estremismi nel `pantano` avrebbero trovato il modo di convincerci che sconfiggendo il nemico o dell`uno o dell`altro avremmo risolto il problema. Sanno benissimo, gli opposti estremismi, che l`uno da solo, senza l`altro, non ci sarebbero riusciti. Poi, alla fine, si sarebbero giocati tra di loro l`ultima partita, non prima però di averci conquistato tutti all`un campo o all`altro”, continua Cristiano.
Comunque “contro di lui ci sono tutte quelle forze che non vogliono la fratellanza, e quindi la pari cittadinanza. Proprio come è stato nel caso di padre Dall`Oglio. Tutte queste forze o tacciono o avversano il patriarca Sako. Quante voci mediorientali si sono levate per lui dal mondo cristiano? Quante se ne levarono per padre Paolo quando fu espulso. Nessuno è perfetto, ma Sako oggi incarna, simbolizza, rappresenta una Chiesa che non aderisce a progetti politici, nascano a Teheran o a Riad. L`uomo che ha portato Francesco nella città santa degli sciiti, che non è l`iraniana Qom, ma l`irachena Najaf, per incontrarvi l`ayatollah al-Sistani, che rifiuta l`eresia khomeinista, ha avuto la sua solidarietà e quella del patriarca di Gerusalemme monsignor Pierbattista Pizzaballa. Mi ricordo che padre Dall`Oglio disse che i fondamentalisti credono che fuori dalla vera fede ci sono solo false credenze e quindi una falsa umanità. Questo è vero di qua e di là. Tutto si lega, la fratellanza tutto sfida”.
Padre Paolo Dall’Oglio è un “testimone e costruttore di pace”. Lo afferma il capo dello Stato Sergio Mattarella in una dichiarazione. “Sono trascorsi dieci anni dal rapimento in Siria di padre Paolo Dall’Oglio. Da allora nessuna notizia è stata capace di rinfocolare la speranza della sua sopravvivenza. In questo giorno che rinnova il dolore e, con esso, il ricordo di uomo generoso, che ha donato tutto se stesso alla solidarietà, al dialogo, all’aiuto di chi più è nel bisogno, desidero esprimere i sentimenti più profondi di vicinanza ai familiari e a quanti con loro condividono lo strazio dell’attesa”.
Aggiunge Mattarella: “Paolo Dall’Oglio, testimone e costruttore di pace, ha fatto sì che la sua fede religiosa non si sia mai espressa come motivo di contrasto. La sua vita è sempre stata una spinta incessante a ricercare la condivisione, l’incontro, la giustizia, l’unità, in nome della persona, di ogni persona, della sua integrità, della sua inviolabile dignità. Ha sfidato pregiudizi e regimi, ha vissuto con i più poveri, ha percorso coraggiosamente i deserti e i territori dei conflitti, dell’odio, della sopraffazione, per portare speranza e umanità”. Conclude il presidente: “Per quanto possano apparire inermi, i testimoni di pace sono protagonisti della storia. La memoria della loro presenza e del loro passaggio va tenuta alta, ancor più in una stagione in cui le ferite della guerra insanguinano il Medio Oriente e la nostra Europa”.
“Il 29 luglio 2013 è stato sequestrato a Raqqa padre Paolo Dall`Oglio, fondatore della comunità monastica di Deir Mar Musa e testimone instancabile di pace e dialogo tra le diverse confessioni religiose in Siria – afferma la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni -. Sono trascorsi dieci anni dal suo rapimento, ma la speranza di poterlo riabbracciare non si è mai spenta. Il Governo esprime vicinanza ai famigliari, ai cari e ai confratelli di padre Dall’Oglio e rinnova il massimo impegno dell’Italia per riportarlo a casa. Siamo al fianco delle comunità cristiane sofferenti a causa dei conflitti e delle persecuzioni e facciamo nostre le preoccupazioni espresse dai vescovi siriani per le grandi difficoltà che quotidianamente affronta il popolo siriano”.