La storia di una famiglia per raccontare un Paese che cambia. Generazioni di donne e uomini a confronto. Un imprenditore di Bassano del Grappa, capostipite ruvido e intransigente. Una moglie premurosa e succube di un marito dispotico. La figlia primogenita, ragazza intelligente e determinata. Si intitola “Di padre in figlia”, la serie in quattro puntate scritta da Cristina Comencini, in prima visione su Rai1 da martedì 18 aprile. Un arco di tempo che dal 1958 ai primi anni Ottanta, la serie racconta la storia della famiglia Franza, famiglia patriarcale veneta che attraversa i grandi cambiamenti storici che hanno portato le donne a lottare per parità e diritti civili.
Alessio Boni nei panni dell’imprenditore Giovanni Franza: “Si rende conto troppo tardi di ciò che ha perso, del non ascolto che ha dato alle sue donne, la moglie, le figlie. E di quanto ha perso e questa è la cosa che mi ha commosso di più. L’Italia negli anni Cinquanta era piuttosto maschilista e vediamo quanto ha faticato la donna per avere la parità di diritti, tutto quello che ha raggiunto. E dove siamo arrivati, e c’è ancora tanto da fare”. La figlia è interpretata da Cristiana Capotondi: “Quegli anni sono stati molto interessanti da rivedere come persona che quegli anni li ha vissuti. Il mio personaggio ha partecipato alle lotte per la legge sull’aborto, il divorzio- gli anni Settanta sono gli anni caldi del femminismo e delle rivoluzioni studentesche. Sono gli anni in cui viene seminato maggiormente il terreno della società civile così come ci è stata consegnato”. Tra tensioni, conflitti e ribellioni, il potere della figura paterna viene sostituito dalle tre figlie e dalla moglie, interpretata da Stefania Rocca: “Il mio è un personaggio che racconta la nostra storia, lo dedico a tutte le donne prima di noi che hanno fatto in modo che vivessimo oggi un certo tipo di libertà che loro ieri non avevano”. “La cosa più importante che ho sentito è che possiamo andare socialmente, legalmente, vincere delle battaglie, ma se non abbiamo una evoluzione emotiva, se continuiamo a rimanere analfabeti sui sentimenti, continueranno ad esserci tutti i problemi legati al genere, come la violenza sulle donne”.