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Tribunale contro decreto Salvini: “genitore” invece di padre e madre

“La dicitura che dovrà comparire sulla carta di identità della bambina dovrà essere neutra: `genitore´” invece di padre e madre. Lo ha deciso il giudice civile di Roma in una ordinanza rispetto ad un ricorso presentato dalle due madri di una bimba, quella legale e quella adottiva, che hanno fatto istanza dopo il decreto del 31 gennaio del 2019, firmato dall’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Anche il Tribunale amministrativo regionale era stato interessato dal caso ma i giudici di via Flaminia non sono intervenuti rimandando le carte, per competenza, al tribunale ordinario. “Il giudice afferma che il decreto oltre a violare le norme, sia comunitarie che internazionali, è viziato da eccesso di potere”, spiega l’avvocata Federica Tempori che ha assistito la coppia nella vicenda giudiziaria, anticipata da La Stampa. I fatti risalgono a qualche mese fa, dopo la sentenza che riconosceva l’avvenuta adozione della bambina.

Sul provvedimento del Tribunale civile di Roma, fonti di Palazzo Chigi, intanto, fanno sapere che la decisione sarà esaminata dal Governo con particolare attenzione perché presenta evidenti problemi di esecuzione e mette a rischio il sistema di identificazione personale. Le stesse fonti riferiscono che l’ordinanza sulla qualifica di genitore nella carta di identità elettronica risale al 9 settembre 2022 e non è stata impugnata dal Ministero dell’Interno. Il leader della Lega Matteo Salvini ha commentato il provvedimento su Twitter: “Usare sulla carta d’identità le parole ‘padre’ e ‘madre’ (le parole più belle del mondo) secondo il Tribunale civile di Roma sarebbe una violazione delle norme comunitarie e internazionali, da qui la decisione di sostituirle con la più neutra parola ‘genitore’. Illegali o discriminanti le parole ‘mamma’ e ‘papà’? Non ho parole, ma davvero”.

“Avevamo una sentenza di adozione passata in giudicato – ha spiegato ancora a proposito della decisione del Tribunale civile di Roma l’avvocata Tempori – e le mamme si sono presentate al comune per chiedere la carta di identità ma allo sportello, giustamente, hanno detto che non si poteva procedere con la dicitura neutra ma occorreva la scritta padre e madre o chi ne fa le veci”. Il legale delle due donne prosegue: “La coppia si è a qual punto rifiutata e, dopo un primo ricorso al Tar, ci siamo rivolti al Tribunale ordinario, che con una sentenza bellissima ci ha dato ragione”. Il Tribunale amministrativo regionale, infatti, non si era espresso, spiegando che la competenza spettava al Tribunale ordinario. “Il giudice – continua ancora l’avvocato Tempori – afferma in quel provvedimento che il ministro va oltre le sue competenze: la carta di identità è, infatti, un documento certificativo di una realtà già preesistente nell’atto di nascita, che stabilisce una madre partoriente e una adottiva. Non può quindi esserci discrasia tra documento di identità e l’atto di nascita”. “Vorrei proprio capire chi dovrebbe mai essere il ‘genitore 1’…Dovrei rinunciare a essere la madre e pure giocarmela con mio marito per il primo posto?” ha affermato, infine, la deputata della Lega Laura Ravetto, responsabile del dipartimento Pari opportunità del Carroccio.

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