Palazzo Madama costa 540 milioni I’anno

31 marzo 2014

Il Senato della Repubblica, nel 2013, è costato ai contribuenti italiani 540 milioni di euro. È quanto si desume dal progetto di bilancio interno del Senato per l’anno finanziario passato disponibile sul sito di Palazzo Madama. In attesa del bilancio consuntivo che certificherà le stime è l’unico documento ufficiale per capire quanti risparmi si possono ottenere con la sua abolizione o con la sua parziale riforma. Oggi il Consiglio dei Ministri dovrebbe dare il via al testo che ne prevede l’eliminazione.

A vantaggio dei suoi inquilini c’è da dire che negli ultimi tre anni sono riusciti a cumulare risparmi di una certa entità. In particolare le riduzioni delle competenze di senatori, il blocco degli adeguamenti salariali e la disdetta di contratti di locazione e utenze hanno portato a cumulare nel 2011 economie per 10,6 milioni, 14,2 milioni nel 2012 e 12,5 milioni nel 2013. Ma nelle intenzioni del governo Renzi questo sembra non bastare. Dall’analisi del bilancio si possono trarre alcune conseguenze meramente contabili sulla revisione di Palazzo Madama.
Chiudere il Senato non significa cancellare con un tratto di penna dal bilancio dello Stato una voce di costo pari a 540 milioni di euro. Sicuramente sarebbero risparmiati i 42,885 milioni di competenze per i senatori e i 37,266 milioni di rimborsi delle spese sostenute per lo svolgimento del mandato (in totale si tratta di 80,15 milioni). In più, considerato che i gruppi parlamentari non avrebbero più necessità di esistere, nel caso di un’abolizione totale ai risparmi si aggiungerebbero i 21,35 milioni di euro dei trasferimenti ai gruppi parlamentari. Difficile, a meno di un intervento drastico, rimettere in gioco i diritti quesiti intervenendo sul trattamento dei senatori cessati dal mandato che costa circa 82 milioni.

Gli uffici Ancora più ipotetico un intervento sul personale dipendente di Palazzo Madama che, dagli operai fino ai dirigenti amministrativi, è allineato su standard retributivi molto elevati. Nel bilancio 2013 gli oneri per il lavoro sono quantificati in 130,85 milioni di euro ai quali vanno aggiunti 115,2 milioni per il personale in pensione. Spese assolutamente incomprimibili a meno di operazioni drastiche, come la ricontrattazione degli stipendi, che aprirebbero il rischio di un contenzioso legale di proporzioni non calcolabili. L’unica voce obbligatoria sulla quale si potrebbe agire è quella relativa al personale delle segreterie particolari e dei consulenti per chi ne ha diritto. Due voci per le quali la spesa è pari a 14,35 milioni di euro. Fin qui il grosso della spesa del bilancio che incide per circa il 90,5% nell’intero bilancio di Palazzo Madama.

Beni e Servizi Sono le spese per le forniture di tutto quello che serve per la regolare attività dell’organo parlamentare. Lo scorso anno sono ammontate a oltre 60 milioni di euro. Tra le voci più consistenti le spese per la comunicazione istituzionale (6,5 milioni di euro), i servizi informatici e di riproduzione (8,38 milioni di euro), la manutenzione ordinaria delle sedi (6,27 milioni di euro), servizi di trasporto e spedizione (7,51 milioni di euro), servizi di logistica (5,379 milioni). Tra le spese che spiccano anche 3,45 milioni di euro che nel 2013 sono stati stanziati per utilizzare il personale di altri enti e amministrazioni dello Stato che forniscono servizi al Senato. Sono un po’ più di due milioni di euro le risorse a disposizione della funzione del cerimoniale. E 2,86 milioni quelli destinati alla produzione di studi e documenti. Non mancano fondi per le attività delle commissioni d’inchiesta (651 mila), speciali e consultive (392 mila) e per la commissione di vigilanza sulla Rai (72 mila euro).
Nel bilancio del Senato 2013, infine, un aggregato è destinato alle spese in conto capitale. Sono 2,2 i milioni per manutenzione straordinaria, 400 mila euro per acquistare mobili e 333 mila per la biblioteca e l’archivio storico.

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